venerdì 5 novembre 2021

Girolamo Savonarola: agli ordini di Dio

 



Nel 1491, Lorenzo il Magnifico, gravemente malato, si ritirò nella sua villa di Careggi, dove avrebbe trovato la morte nel mese di aprile del seguente anno, amorosamente assistito da Marsilio Ficino, Giovanni Pico ed Agnolo Poliziano. Quando le forze iniziarono ad abbandonarlo, volle confessarsi col Savonarola, che fu subitaneamente avvertito nella chiesa di S. Marco. Una leggenda ottocentesca raccontò dell’incontro tra il Frate ed il Principe, che non sarebbe stato assolto, ma, da una lettera scritta dal Poliziano, subito dopo la scomparsa del Magnifico (avvenuta l’8 aprile 1492), Savonarola impartì l’assoluzione al moribondo, che così poté trapassare col perdono di Santa Romana Chiesa.

 
Lorenzo il Magnifico (1449 - 1492)

Piero, il fatuo, De Medici (1472 - 1503)
Si aprì immediato il problema della successione, attribuita al primogenito  Piero detto il Fatuo, per problemi caratteriali, che non lo avrebbero certo favorito nel gestire, al posto dell’intelligente babbo, il peso della Signoria nella consorteria italiana. Si formò un partito avverso alla cattiva gestione del nuovo Principe, maggiormente occupato a verseggiare piuttosto che ad occuparsi dei problemi della Cosa pubblica.

Innocenzo VIII (1432 - 1492)

A Roma, le forze vitali del pontefice, Innocenzo VIII, andavano scemando, sicché la curia affidò ad un medico ebreo la sorte dell’illustre malato, ma il 25 aprile (appena dopo 17 giorni dalla morte di Lorenzo), lasciava la patria terrena, per congiungersi a quella celeste. Iniziò il mercato dei voti cardinalizi, in cui prevalse, per ricchezza, Roderigo Borgia, Alessandro VI. Il Guicciardini trascrisse, nella Storia d’Italia, che Ferdinando I di Napoli accolse in lacrime l’avvenuta elezione, conoscendo a fondo – come in molti – i trascorsi del nuovo pontefice, il quale introdusse un’immediata riforma delle precarie finanze vaticane, inaugurò una forte politica repressiva a danno dei tanti briganti, che infestavano le campagne, per trarre maggior denari alla popolazione, onde costituire dei sicuri principati per i figli.


Alessandro VI (1431 - 1503)
 Il Guicciardini trascrisse, nella Storia d’Italia, che Ferdinando I di Napoli accolse in lacrime l’avvenuta elezione, conoscendo a fondo – come in molti – i trascorsi del nuovo pontefice, il quale introdusse un’immediata riforma delle precarie finanze vaticane, inaugurò una forte politica repressiva a danno dei tanti briganti, che infestavano le campagne, per trarre maggior denari alla popolazione, onde costituire dei sicuri principati per i figli.

Molti sguardi si volsero verso colui che aveva predetto sciagure per la famiglia medicea e per la corte romana, puntualmente realizzatesi. Le sue prediche furono ancor più veementi, sicuro che la fine del mondo ormai fosse prossima. Ebbe quindi un forte presentimento, che non mancò di trasformare in una rivelazione divina: vide in mezzo al cielo una spada, su cui era scritto Gladius Domini super terram cito et velociter. Un coro di voci chiare e distinte prometteva misericordia per i buoni e flagelli per i peccatori, minacciando che presto si sarebbe abbattuta sulla terra l’ira di Dio. Quindi la spada, rivolta sulla terra, provocava un diluvio di spade e gli uomini entravano in guerra, fin quando Savonarola, minacciante ancor più flagelli, ispirava il timor di Dio, chiedendo preghiere, affinché sacerdoti pii e saggi potessero ispirare nel popolo una nuova visione cristiana della vita.

Nella Quaresima del ’93, fu inviato a predicare a Bologna, per probabile intervento di Piero de Medici, che aveva in uggia il frate, il quale sarebbe intervenuto presso i superiori del religioso, perché lo tenessero lontano da Firenze.

Ginevra Sforza (1440 - 1507)
A Bologna, non riscosse particolare successo, anche se le sue prediche erano seguite dalla moglie del Signore della città, Giovanni II Bentivoglio, Ginevra Sforza, la quale entrava a predica iniziata accompagnata da un grande corteggio. Il Savonarola sopportò malamente, fin quando si mostrò assai infastidito, causando la dura azione della Signora, che ordinò a due suoi cortigiani di ucciderlo! Fortunatamente, non si svolse alcun delitto. Fra Girolamo ricevette poi la visita di due messi della Sforza, che avrebbero dovuto severamente redarguirlo, ma la capacità oratoria del Frate ebbe la meglio, e così i due si allontanarono senza profferir parola.

Volgendo alla fine la stagione quaresimale, Savonarola si pose in viaggio verso Firenze, che avrebbe trovato in condizioni peggiori a causa soprattutto dell’insolenza e dell’incapacità di Piero. Se avesse ripreso colle sue prediche infuocate a tuonare contro i Medici, sarebbe stato ancora una volta allontanato da Firenze. Al fine di scongiurare un nuovo sgradevole esilio, rammentò come la Provincia toscana si allargasse fino alla Lombardia, cui era stata unita sin dal 1448 a causa della peste, che aveva decimato i conventi. Pensò bene di tornare all’antico privilegio, di separare le due regioni ed, al fine di favorire il progetto, inviò frate Alessandro Rinuccini e Domenico da Pescia a Roma. L’autorità romana non accolse benevolmente la proposta, ma i due frati, sull’invito del Savonarola, non cederono; ed infatti, il 22 maggio 1493 ottennero il permesso dal papa.

I frati di San Marco elessero Savonarola priore, e così poté continuare a tuonare contro i peccatori, ordinando ai confratelli una vita all’insegna della povertà, e d’intraprendere delle vere missioni cittadine, al fine di fermare il marciume, correggendo i costumi e riaccendendo la fede; nel progetto ancor più ampio di una vera e propria riforma di Santa Romana Chiesa; quindi, sarebbe partito alla volta di Costantinopoli, per fecondare le terre d’Oriente colla parola di Cristo.

Aprì delle scuole in seno al convento, dove s’insegnavano le arti, la miniatura dei codici, la teologia insieme alla lingua ebraica e greca, mentre indirizzò i frati più capaci alla predicazione cittadina. Ottenne così il duplice risultato di vivacizzare la vita conventuale, vero centro culturale, e irrobustire la presenza cattolica nella vita quotidiana. Crebbe ancor più vivo l’interesse verso l’opera dei Domenicani e ben presto altri confratelli s’unirono a Fra Girolamo, nuovo signore di Firenze.

 

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