Nel
1491, Lorenzo il Magnifico, gravemente malato, si ritirò nella sua villa di
Careggi, dove avrebbe trovato la morte nel mese di aprile del seguente anno,
amorosamente assistito da Marsilio Ficino, Giovanni Pico ed Agnolo Poliziano.
Quando le forze iniziarono ad abbandonarlo, volle confessarsi col Savonarola,
che fu subitaneamente avvertito nella chiesa di S. Marco. Una leggenda
ottocentesca raccontò dell’incontro tra il Frate ed il Principe, che non
sarebbe stato assolto, ma, da una lettera scritta dal Poliziano, subito dopo la
scomparsa del Magnifico (avvenuta l’8 aprile 1492), Savonarola impartì
l’assoluzione al moribondo, che così poté trapassare col perdono di Santa
Romana Chiesa.
Lorenzo il Magnifico (1449 - 1492) |
Piero, il fatuo, De Medici (1472 - 1503) |
Innocenzo VIII (1432 - 1492) |
A
Roma, le forze vitali del pontefice, Innocenzo VIII, andavano scemando, sicché
la curia affidò ad un medico ebreo la sorte dell’illustre malato, ma il 25
aprile (appena dopo 17 giorni dalla morte di Lorenzo), lasciava la patria
terrena, per congiungersi a quella celeste. Iniziò il mercato dei voti
cardinalizi, in cui prevalse, per ricchezza, Roderigo Borgia, Alessandro VI. Il
Guicciardini trascrisse, nella Storia
d’Italia, che Ferdinando I di Napoli accolse in lacrime l’avvenuta
elezione, conoscendo a fondo – come in molti – i trascorsi del nuovo pontefice,
il quale introdusse un’immediata riforma delle precarie finanze vaticane,
inaugurò una forte politica repressiva a danno dei tanti briganti, che
infestavano le campagne, per trarre maggior denari alla popolazione, onde
costituire dei sicuri principati per i figli.
Alessandro VI (1431 - 1503) |
Molti
sguardi si volsero verso colui che aveva predetto sciagure per la famiglia
medicea e per la corte romana, puntualmente realizzatesi. Le sue prediche
furono ancor più veementi, sicuro che la fine del mondo ormai fosse prossima.
Ebbe quindi un forte presentimento, che non mancò di trasformare in una rivelazione
divina: vide in mezzo al cielo una spada, su cui era scritto Gladius Domini super terram cito et velociter. Un coro di voci chiare e
distinte prometteva misericordia per i buoni e flagelli per i peccatori,
minacciando che presto si sarebbe abbattuta sulla terra l’ira di Dio. Quindi la
spada, rivolta sulla terra, provocava un diluvio di spade e gli uomini
entravano in guerra, fin quando Savonarola, minacciante ancor più flagelli,
ispirava il timor di Dio, chiedendo preghiere, affinché sacerdoti pii e saggi
potessero ispirare nel popolo una nuova visione cristiana della vita.
Nella
Quaresima del ’93, fu inviato a predicare a Bologna, per probabile intervento
di Piero de Medici, che aveva in uggia il frate, il quale sarebbe intervenuto
presso i superiori del religioso, perché lo tenessero lontano da Firenze.
Ginevra Sforza (1440 - 1507) |
Volgendo
alla fine la stagione quaresimale, Savonarola si pose in viaggio verso Firenze,
che avrebbe trovato in condizioni peggiori a causa soprattutto dell’insolenza e
dell’incapacità di Piero. Se avesse ripreso colle sue prediche infuocate a
tuonare contro i Medici, sarebbe stato ancora una volta allontanato da Firenze.
Al fine di scongiurare un nuovo sgradevole esilio, rammentò come la Provincia
toscana si allargasse fino alla Lombardia, cui era stata unita sin dal 1448 a
causa della peste, che aveva decimato i conventi. Pensò bene di tornare
all’antico privilegio, di separare le due regioni ed, al fine di favorire il
progetto, inviò frate Alessandro Rinuccini e Domenico da Pescia a Roma.
L’autorità romana non accolse benevolmente la proposta, ma i due frati,
sull’invito del Savonarola, non cederono; ed infatti, il 22 maggio 1493 ottennero
il permesso dal papa.
I
frati di San Marco elessero Savonarola priore, e così poté continuare a tuonare
contro i peccatori, ordinando ai confratelli una vita all’insegna della povertà,
e d’intraprendere delle vere missioni cittadine, al fine di fermare il
marciume, correggendo i costumi e riaccendendo la fede; nel progetto ancor più
ampio di una vera e propria riforma di Santa Romana Chiesa; quindi, sarebbe
partito alla volta di Costantinopoli, per fecondare le terre d’Oriente colla
parola di Cristo.
Aprì
delle scuole in seno al convento, dove s’insegnavano le arti, la miniatura dei
codici, la teologia insieme alla lingua ebraica e greca, mentre indirizzò i
frati più capaci alla predicazione cittadina. Ottenne così il duplice risultato
di vivacizzare la vita conventuale, vero centro culturale, e irrobustire la
presenza cattolica nella vita quotidiana. Crebbe ancor più vivo l’interesse
verso l’opera dei Domenicani e ben presto altri confratelli s’unirono a Fra Girolamo,
nuovo signore di Firenze.
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