Il
neorealismo cinematografico ha inizio, ufficialmente, nel 1943, quando Luchino
Visconti dirige “Ossessione”. Non fu un movimento compatto, ma visse delle
spiccate personalità dei suoi rappresentanti, uniti dalla ricerca di un nuovo
linguaggio espressivo, attraverso il quale esprimere condizioni e realtà delle
classi disagiate, in un contesto di forte impegno sociale. Spesso la troupe
girava in esterni, considerato anche il grave declino, in cui versavano gli
stabilimenti di Cinecittà; entravano nel cast attori non professionisti, che
recitavano con grandi artisti del cinema. Comune il ricorso a colonne sonore
estremamente eleganti, che ricordavano vagamente il gran mondo del melodramma,
con cui contribuire a caratterizzare l’elemento interpretativo. L’attenzione
della trama si concentrava sui piccoli fatti quotidiani, anche il racconto dei
dettagli della vita rivelava un linguaggio interessante all’occhio del regista.
In
“Mio figlio professore”, diversi sono gli esponenti neorealisti, a cominciare
dal bravissimo regista, Renato Castellani; Suso Cecchi D’Amico (sceneggiatore
di “Ladri di Biciclette”); Aldo Fabrizi (sceneggiatore ed interprete di “Roma
città aperta”); lo scrittore Ennio Flaiano (impiegato come attore).
Il
film si sviluppa sulle incredibili capacità espressive di Aldo Fabrizi, capace
di toccare dalle corde drammatiche a quelle comiche. Ci presenta un’evoluzione
nel tempo sincera del personaggio, che vorrebbe tanto riscattarsi attraverso il
figlio. Una prova da grandissimo attore.
Il
contesto, in cui si svolge il racconto, è un Liceo di Roma, protagonista un
bidello: Orazio (Aldo Fabrizi)…ma, facciamo silenzio: inizia il film!
Ci
troviamo all’inizio dell’anno scolastico 1919 – 1920, il protagonista è un
umile bidello di un Liceo del centro storico di Roma: Orazio Belli.
Il
professore, con voce grave ed andamento severo, sta terminando la sua lezione e
la classe è in attesa del finis. Anche la classe di ginnastica, diretta dal
professor Ettore Giraldi (Mario Pisu) continua la sua marcia instancabilmente;
il professor Cardelli (Mario Soldati) continua la sua lezione di greco ad una
classe davvero stanca e disattenta, infatti il severo docente deve alzare la
voce, per richiamarne l’attenzione. Improvvisamente, Orazio Belli esce dalla
sua casa – guardiola, annunciando a tutti la nascita del figlio; la gioia
espressa da Aldo Fabrizi è davvero contagiante (aiutato anche dalla colonna
sonora del Maestro Nino Rota): corre per le scale, perché tutto l’Istituto
conosca il felice evento. Un docente (Ercole Patti) gli chiede il nome, il
bidello risponde che si chiamerà Orazio come lui e che “da grande” sarà
professore di latino.
Si
forma una coda festante di professori ed alunni, che si precipitano lungo le
larghe scale; l’uso del campo lungo è estremamente funzionale all’idea.
Orazio
invita prima i professori in casa, mentre i ragazzi attendono fuori.
Si
conclude qui la prima sequenza.
Siamo
in primavera. Orazio accompagna all’uscita della scuola una deliziosa
professoressa, la signorina Maggi, insegnante nelle scuole serali (Pinuccia
Nava), spiato dal suo più stretto collaboratore, Andronio. Quindi, invita gli
studenti, che sono raggruppati fuori l’istituto, ad entrare: scena di massa
molto movimentata; il professor Cardelli sorprende due suoi allievi, che
copiano e li rimprovera aspramente; un’insegnante approfitta della gentilezza
di Andronio e gli chiede di recarsi al bar, per recarle un caffè “con una
goccia di latte”. Il preside ordina al bidello che “alle 8 precise il cancello
deve essere chiuso. Chi c’è, c’è; chi non c’è, non c’è”.
Iniziano
le vacanze, l’istituto è vuoto; Orazio, rimasto vedovo, con accanto il
figlioletto, cerca frescura sotto il porticato, quando viene raggiunto da
Andronio, il quale lo consiglia di prender moglie, Orazio non accetta.
Egli
è in attesa di ricevere una gentile signorina (la signorina Maggi) e
s’imbrillantina i capelli, per apparire in ordine e forse più seducente. Arriva
l’ospite, ha con sé delle camicie per il piccolo Orazio; entrando in casa si
dirige immediatamente dal bimbo. La camera, in piano medio, stringe su Fabrizi,
che osserva quella gentile signorina, che stringe tra le braccia suo figlio ed
immagina che sarebbe davvero bello, se diventasse sua sposa e madre.
Tra
i due nasce un dialogo di leggeri sottintesi: è chiaro che lei piace a lui e
forse lui piace a lei. Orazio le confessa che, forse, potrebbe essere il
momento di risposarsi; per la signorina Maggi non sarebbe un’idea completamente
sbagliata; vivere da soli per tutta la vita sarebbe davvero un’impresa eroica. Orazio non sa cosa
rispondere e così mette insieme delle parole senza senso, fin quando la
signorina lo interrompe, per comunicargli che deve andar via: il papà le ha
ordinato di rincasare presto.
“Torna
domani?”
“Ma,
naturalmente. Domani parleremo di tutto…”
E
così si allontana.
E’ domenica! Ci troviamo in un parco pubblico, dove sono riunite diverse famiglie ad ascoltare il concerto della Banda dei Carabinieri, impegnata nell’esecuzione della Sinfonia de “L’assedio di Corinto” di Gioachino Rossini. Anche Orazio è presente con il figlio (che ha cinque mesi) e così è avvicinato da un signore, elegantemente vestito, già iscritto alle scuole serali. Egli è rappresentante di penne stilografiche, che presentano una novità: l’inchiostro è all’interno di una cartuccia, allocata dentro la penna. Orazio avrebbe intenzione di acquistarla per il figlio, che diventerà professore ed è convinto dall’abile affabulatore, il quale, preso il contante, immediatamente lascia il bidello.
Orazio col venditore di stilografiche |
E’ arrivato un nuovo anno scolastico, nulla di nuovo per il nostro protagonista: ragazzi che si trastullano fuori dell’edificio, professori che arrivano alla spicciolata ed egli sulla porta ad invitare bruscamente gli allievi ad entrare. Oggi è un giorno assai importante per il piccolo professore: anche per lui è arrivato il primo giorno di scuola. Con visibile orgoglio, Orazio consegna la famosa stilografica al figlio e tenta di spiegarne l’uso. Purtroppo, si accorge immediatamente di non esserne in grado e così s’impiastriccia le mani d’inchiostro davanti allo sbalordito piccolo professore: a scuola senza penna
Orazio con la stilografica |
Il
padre raccomanda al figlio di studiare, perché deve diventare un insegnante
(ecco il riscatto sociale).
Gli
anni passano velocemente: il piccolo professore ora è studente di Media
inferiore e sta ripetendo la prima declinazione latina; Orazio vorrebbe
aiutarlo e così chiede al figlio di ripetergli ciò che stava studiando. Il
piccolo professore con incredibile sicurezza e velocità ripete la prima
declinazione, Orazio immediatamente lo corregge:
“Ros
– a. Ros – ae…”
“Papà,
si scrive rosae, ma si dice rose”
“Ma
se se dice rose, scrivessero rose!”
Orazio
pensa a rigovernare la cartella del figlio, abbandonando il proposito di
aiutarlo nello studio.
Ora
è solo; si guarda nel grande specchio della camera e nota i primi capelli
bianchi; un velo di tristezza emanano i suoi occhi grandi e buoni.
Finalmente
il piccolo professore frequenta il Primo Liceo Classico, nella scuola, dove il
papà svolge l’attività di bidello. Il professor Cardelli (insegnante di greco e
latino) lo interroga; il ragazzo timidamente si accosta alla cattedra del
docente e risponde molto bene a tutte le domande. L’insegnante comunica che
sarà trasferito a Campobasso, così paga la sua militanza antifascista.
L’interpretazione di Mario Soldati è assai commovente; rivela un uomo debole,
triste e tanto deluso. Il tono della voce è quasi nasale, le battute sono
divise da lunghe, commoventi pause. L’annuncio è ascoltato in silenzio e provoca
un sentimento di grande emozione negli allievi.
Il
piccolo professore si reca in biblioteca, onde ritirare un libro. Si avvia
verso il lungo tavolo, per prendere posto ed incontra una compagna di banco,
che lo invita a sederle vicino.
Sembra
che i due cuori battano l’un per l’altro. Commentano la brutta notizia del
trasferimento del professor Cardelli; il regista Castellani usa il primo piano,
per mostrare meglio come i due dialoghino senza guardarsi negli occhi.
Improvvisamente, qualcuno chiude il libro della bella ragazza: è il padre, che
le impone di recarsi immediatamente a casa ed ammonisce Orazio a non
frequentare più la figlia, essendo il padre un bidello.
Orazio
padre comunica al buon Cardelli che il figlio vorrebbe rinunciare allo studio.
Il docente pretende delle spiegazioni; poi, ritiratosi con lo studente,
comunica al padre che sarà meglio che anche il figlio si trasferisca a
Campobasso.
Alla
Stazione Termini, il saluto tra padre e figlio; un sorriso forzato ed il treno
inizia la sua lenta corsa verso una nuova destinazione.
Il
tempo passa, caro Orazio, i baffi ed i capelli, che erano nero corvino,
iniziano a tingersi di bianco.
Una
mattina Orazio e Andronio escono dalla Questura: la sera prima si sarebbero
ubriacati in qualche osteria di Roma, essendo stato trattenuto, non ha potuto
aprire il portone della scuola, operazione svolta dal Preside. La scuola sta
attendendo la visita di un’alta personalità, inviata dal Ministero; egli
ispeziona ogni classe, seguito dal preside e da un discreto gruppo di docenti
estremamente ossequiosi. Orazio bussa alla porta della Presidenza ed apre
appena: il preside non c’è, ma una signorina. …la guarda… poi esce: quella
signorina gli ricorda… chi? Torna indietro, poi spia dal buco della serratura,
mentre la voce del preside, accompagnato da Sua Eccellenza e dal codazzo dei
professori, lo richiama severamente. Sua Eccellenza è il professor Ettore
Giraldi, accompagnato anche dalle tre figliuole, tra cui quella discreta
signorina, che tanto interesse aveva suscitato nel nostro protagonista. Ora
riconosce nel volto della signorina Pinuccia, che aveva appena intravisto
nell’aula della Presidenza, le sembianze della ormai deceduta cara signorina
Maggi, che tanto gli aveva fatto battere il cuore. Saranno studentesse del Liceo,
dove il padre è stato insegnante di educazione fisica. Sua Eccellenza chiede ad
Orazio notizie del figlio e così sappiamo che insegna al Liceo Settembrini di
Foggia.
Raffaele
Pisu caratterizza il suo personaggio con una recitazione scandita, con movimenti
piccoli e decisi, rivestendo di marzialità ol ruolo, che impersona.
Le
ragazze sono in ritardo e, trovando il cancello chiuso, pregano Orazio di
aprire e si precipitano in aula.
Gli
anni passano, ce ne accorgiamo anche dalla recitazione dello straordinario
Fabrizi, che mostra difficoltà a deambulare, e si muove sempre più lentamente.
Ora ospita nella casa – guardiola una gallina, che gira da padrona nel piccolo
appartamento, nel quale s’intrufola Pinuccia, che mette gli occhi su una
fotografia, incorniciata ed esposta in una camera. Chiede ad Orazio chi siano i
ritratti ed orgogliosamente le indica il figlio, di cui mostrerà altre foto.
Mentre Pinuccia estrae da una scatola i ricordi del professore, gli occhi di
Aldo Fabrizi commentano con struggente malinconia tutto il passato del figlio,
che vive così lontano da Roma. Orazio, allora, si abbandona ai ricordi e
racconta alla giovane della mamma di Pinuccia, che aveva assistito il figlio;
poi, conduce la ragazza di fronte allo specchio, passa uno straccio sul vetro,
chiede di specchiarsi:
“Ecco
tua madre”.
Orazio,
deluso ed arrabbiato, apre il grande cancello della scuola; ha lo sguardo
severo ed immediatamente un nutrito gruppo di studenti gli si avvicina.
Qualcuno gli chiede, se sia arrivato il figlio; egli tira avanti e non
risponde, poi caccia in malo modo il gruppo, che si è preso burla di lui.
Rincasa, stanco, triste, guarda i festoni, con cui aveva cercato di rendere
l’ambiente allegro. Si siede e capisce che è stato uno scherzo di pessimo
gusto, essendo il primo aprile. Allora e solo allora comprende che gli è stato
tirato un bruttissimo colpo: per festeggiare il primo aprile, qualcuno gli
aveva detto che sarebbe arrivato il figlio a Roma; lui si è precipitato alla
Stazione, ma del figlio neanche l’ombra.
Arriva
una lettera dal distretto militare: Orazio Belli dovrà presentarsi, per
sostenere le visite mediche. Intanto, le tre figliuole di Sua Eccellenza
importunano l’augusto padre, perché, attraverso un suo autorevole intervento,
eviti il servizio militare al figlio di Orazio. Di fronte al rifiuto paterno,
le figlie cambiano strategia. Dal momento che la figlia Liana, ha
un’insufficienza in lingua latina, perché non trasferire il professor Orazio
nel liceo romano?
E
arriva il grande giorno, in cui il Professor Orazio Belli (Giorgio De Lullo) fa
il suo ingresso a scuola; Andronio lo riconosce e immediatamente avvisa il
papà. L’abbraccio è pieno d’affetto da parte di Fabrizi, un po’ compassato e
forse di maniera quella del figlio, il quale comunica, all’incredulo padre, che
soggiornerà in albergo. Peccato! Ora che Orazio padre aveva ammobiliato
interamente la camera per il figlio professore. Pinuccia conosce così il suo
nuovo professore di Materie letterarie, ch si offre di accompagnare alla
fermata d’autobus, poiché il professore è diretto al Ministero, per il disbrigo
di alcune pratiche, legate al suo trasferimento.
Orazio,
intanto, prepara il pranzo; vorrebbe anche della carne, allora Andronio
suggerisce di uccidere la gallina, che, da tanto tempo, abita in casa.
L’animale, annusato il pericolo, riesce a sfuggire alla morte.
Il
professore Orazio chiede al padre chi sia stato l’artefice del suo
trasferimento di cattedra; egli suppone che sia stato Sua Eccellenza, Giraldi;
se ciò fosse vero, ne sarebbe vivamente scocciato. Il padre ammette di aver
chiesto a Giraldi un intervento, per esentarlo dal servizio militare.
L’intervento paterno non suscita entusiasmo nel giovane docente, il quale crede
che ci sia stato anche un intervento, perché fosse trasferito a Roma. Credeva
di aver meritato la promozione ed invece è stata la solita raccomandazione.
E’
tempo d’esami; degli studenti spiano, per sentire le domande, che la
commissione esaminatrice sottopone agli esaminandi; Orazio allontana tutti. E’
il turno di Diana Giraldi. L’atteggiamento dei Commissari è estremamente
controllato: si tratta della figlia di Sua Eccellenza; l’unico a conservare
quel piglio severo e deciso è il professor Belli, che provocherà l’ennesima
bocciatura dell’esaminanda.
Una
lettera è giunta al Ministero della Pubblica Istruzione: il professor Belli ha
descritto come sia stato trasferito a Roma e, reputando disdicevole un
comportamento simile, chiede che sia assegnato nuovamente al liceo Settembrini
di Foggia. Il funzionario vorrebbe parlare con il professore, ma
all’appuntamento si presenta il padre, che giustifica l’assenza del figlio,
comunicando che si trova a Foggia. Orazio riceve dei bellissimi complimenti per
l’azione del figlio, educato a nobili principi e così sarà definitivamente trasferito
a Roma, come riconoscimento dei suoi veri meriti.
Siamo
nel Dopoguerra, ma l’atmosfera intorno al Liceo non è cambiata; un ragazzino
vende delle sigarette di contrabbando; Orazio compie la sua fatica quotidiana
nell’invitare gli studenti ad entrare.
Egli
è incaricato del finis, così si riordina i capelli, si accarezza i baffi, si
sistema il cappello ed entra nell’aula, dove sta tenendo la lezione il figlio
professore. Gli studenti guadagnano rapidamente l’uscita, mentre il papà
vorrebbe mettere fretta al figlio, perché consumi il pranzo. Il professore
chiede al padre che parli con Andronio, perché lo tratti con meno familiarità
soprattutto in presenza degli allievi, onde evitare di trarlo in imbarazzo. Il
padre capisce che quelle richieste sono rivolte a lui; si sente in difficoltà:
ha lavorato tanto, perché il figlio diventasse professore, ed ora? Questo
figlio, irriconoscente, gli chiede un comportamento non da padre, ma
professionale; come potrà accettarlo? Resosi conto dello stato di difficoltà, in
cui versa il padre, il professore chiede di evitare che parli con Andronio:
“Lui
agisce con affetto. Che ci vuoi fare, papà; il mondo è fatto così”.
Allora,
Orazio capisce che quella convivenza genera problemi al figlio professore.
Decide di trasferirsi per un numero imprecisato di giorni a Monterotondo, a
casa della sorella e lo comunica all’amico Andronio, al quale raccomanda di non
disturbare il figlio, di non rivolgersi con il tu.
“E
poi, quanno vai a dà er finis, nun te devi appoggià, lo devi dà come se fosse
uno qualunque. E poi, via. Anche se, in quel momento te vie’ l’istinto de
abbracciallo, d’annà lì, de daje ‘n bacio, te devi accontentà de immaginalle
certe cose. Devi annà via, giù; nun se pò.”
Un
ultimo sguardo alla sua casa – guardiola. Accetta l’ultimo sacrificio:
rinunciare alla scuola, prima però: finis!
Articoli di cinema
아리랑, 아리랑, 아라리요… (Arirang, arirang, arariyeo)
Il Casanova di Fellini
https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/06/04/il-casanova-di-federico-fellini/
Il cinema di Federico Fellini. Una lettura pastorale tra presente e futuro
Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini
https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/10/17/il-vangelo-secondo-matteo-di-pier-paolo-pasolini/
La voce della luna di Federico Fellini
https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/08/03/la-voce-della-luna-di-federico-fellini/
Lo sceicco bianco di Federico Fellini
https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/10/31/lo-sceicco-bianco-di-federico-fellini/
Mastroianni secondo Fellini
https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/07/24/mastroianni-secondo-fellini/
Pieta di Kim Ki Duk
https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/06/06/10-settembre-2012-pieta-di-kim-ki-duk/
Poetry di Lee Chang Dong
https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/06/12/poetry-di-lee-chang-dong/
Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci
Una giornata particolare di Ettore Scola
Signori si nasce
https://ale0310.blogspot.com/2021/09/i-l-film-trae-chiare-origini-dagli.html
Nessun commento:
Posta un commento