domenica 7 novembre 2021

L’«Alchimia» nell’«Iconologia» di Cesare Ripa

 


In una stanza oscura, che presenta tante tele di ragno e del fumo, una vecchia deforme e con volto assai rugoso, colle mani arrossate, è vestita molto rozzamente. Intorno a sé, ha diversi crogioli e vasi di vetro di diverse grandezze e lambicchi, bacchette d’oro e d’argento ed altre ancora di diversi metalli. Ella è inginocchiata davanti ad un fornello, mentre per mezzo di una canna, soffia su una brace composta in un crogiolo. Sopra la testa, notiamo un pellicano, ai suoi piedi una cornucopia piena di rami e fronde di alberi, che non danno frutto, come il pioppo, l’abete e tutti quelli che sono disposti lungo i corsi d’acqua.

L’Alchimia è rappresentata come una signora assai vecchia, poiché la scienza alchemica trarrebbe origine dal mondo mitologico. Le sue mani sono bruciate dal calore, così come il volto, poiché il corpo dell’Alchimista si deforma, stando a contatto col Fuoco, diventando sgradevole a chi lo mira.

Il corpo dell’Alchimista di deforma, per trans – formarsi, essendo la scienza alchemica rivolta ad un cambiamento spirituale reale e quindi anche fisico.

Gli abiti sono molto dimessi, poiché l’Artista vive sempre in povertà, avendo consumato per avidità tutte le sue sostanze, col fine di rintracciare l’oro. Egli è simile a quel cane, protagonista di una favola di Fedro, che, dovendo trasportare sul fiume una preda, che teneva stretta in bocca, notò la sua immagine riflessa, che scambiò per un rivale. Al fine di conquistare anche la preda del nemico, perse la sua, scambiando l’inganno col vero.

La vecchia sta soffiando nella brace, che si trova nel crogiolo; ciò significa ch’ella trascorre il tempo, consumando la sua vista, essendo il fuoco assai dannoso per gli occhi. La vista fisica deve consumarsi, affinché possa aprirsi alla conoscenza la vista interiore o spirituale, rintracciata spesso nel terzo occhio. Finché non cadranno le illusioni del mondo reale, che si manifestano agli occhi dell’uomo, non si potrà vedere la realtà del mondo dello spirito.

Il pellicano denota la pazzia e l’imprudenza dell’Alchimista. L’animale infatti, a differenza degli altri uccelli, che costruiscono il loro nido in cima agli alberi, si rivolge ai piani più bassi e depone le uova sottoterra, cosicché sono facilmente preda dei contadini, che solitamente appiccano il fuoco, onde bruciarle. Il pellicano allora, al fine di spegnere le fiamme, si conduce sovra di esse e muove velocemente le ali; agitando il vento, concorre all’accrescimento della fiamma, cosicché rimane bruciato, morendo insieme ai figli.

La Cornucopia, colma di fronde e rami d’alberi infruttiferi, chiarisce come l’Alchimia sia un’arte di grande apparenza ed alcuna sostanza materiale.

L’ambiente assai inospitale rappresenta l’interiorità dell’uomo, che, a volte, non sa cosa ci sia all’interno di sé, perché voltato e votato verso tutto ciò che è altro.

L’oscurità è la dimensione spirituale, da cui parte l’alchimista: l’iniziale buio interiore, in cui è nascosta la fiamma della vera conoscenza.

La presenza di alcune tele di ragno sono i risultati degli sforzi, che non hanno portato dei risultati, poiché infiniti i tentativi, al fine di giungere all’Oltre.

Il fumo declina la perdita di tempo e di sostanze, che sembrerebbe significhi l’arte dell’alchimista. Bisogna perdere il tempo, per proiettarsi sul piano spirituale nell’a – tempo, sconfiggendo così  Κρόνος, l’inizio e la fine della vita terrena, e partecipando al vortice inarrestabile di ἐνιαυτός, l’infinito ritorno.

La parola kīmiyā’ significherebbe anche occultare e quindi Scientia operum naturae, tradotto poi erroneamente in magia e, dalla trasmutazione dei metalli, metallurgia. In Genesi 4, 17 è scritto: «Tubal-Kain, il fabbro, padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro», iscrivendolo, simbolicamente, quale inventore dell’Alchimia, che fu coltivata in Egitto, presso cui Mosè (Atti 7, 22) «fu educato in tutta la sapienza ed era potente in parole e in opere».

Ermete Trismegisto
Forse la Scienza alchemica fu nota ad Ermete o Mercurio Trismegisto, coetaneo di Mosè ed uno dei primi inventori dopo il mitico Diluvio universale, di tutte le Arti liberali e meccaniche. L’Alchimia sarebbe sopravvissuta col trascorrere dei secoli, fin quando Diocleziano, nel III secolo d. C., ordinò la distruzione di tutti i testi e l’abolizione della pratica, non ottenendo il tanto auspicato risultato, poiché la Scienza alchemica continuò ad essere studiata e praticata.

Cornelio Agrippa (1486 - 1536)
Cornelio Agrippa (1486 – 1535) nel libro De Occulta Philosophia, affermò di esser riuscito a tramutare in Oro gli altri metalli imperfetti. Pico della Mirandola nel De Auro, illustrò molte esperienze alchemiche vissute personalmente.

 




L’«Abbondanza» secondo l’«Iconologia» di Cesare Ripa

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L’«Adulazione» nell’«Iconologia» di Cesare Ripa

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L’«Adulterio» secondo l’«Iconologia» di Cesare Ripa

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L’«Affabilità» secondo l’«Iconologia» di Cesare Ripa

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L’«Affettazione» nell’«Iconologia» di Cesare Ripa

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L’«Aiuto divino» nell’«Iconologia» di Cesare Ripa

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L’«Aiuto» dall’«Iconologia» di Cesare Ripa

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