lunedì 8 novembre 2021

«Raffaello da Urbino, pittore e architetto» nelle notizie storiche tratte da «De’ professori del disegno da Cimabue in qua» di Filippo Baldinucci



 

«Nell’anno di nostra falute 1483 nacque al mondo questo grande artefice, che per ispecial privilegio fu di tutte quelle eccellenze dotato, che appena i molti secoli e fra molta persone è solito di compartire il cielo». Il babbo, Giovanni era pittore ed operò nella città di Urbino ed a Cagli; «vedendo il figliuolo maravigliosamente inclinato all'arte del disegno e della pittura, cominciò egli medesimo ad istruirlo e in breve tempo a tal segno lo condusse che così fanciullo, com'era, diedegli grand'ajuto nell'opere, che fece per quello stato; ma come discretissimo ch'egli era, conoscendo i gran progressi del figliuolo venir ritardati pur troppo dalla poca sufficienza sua, tanto si adoperò con Pietro Perugino, eccellentissimo pittore, che gli venne fatto che egli sotto la sua disciplina lo ricevesse». L’insegnante si accorse immediatamente delle brillanti doti del giovane allievo, sicché «non andò molto che gli studj di Raffaello né punto né poco si distinguevano dagli originali del maestro».

Raffaello - Pala degli Oddi (Pinacoteca Vaticana)



Raffaello - Crocifissione Gavari (Pinacoteca di Brera)


Nella Chiesa di S, Francesco in Perugia, realizzò la Pala degli Oddi (1502 – ’03) (oggi alla Pinacoteca vaticana), «dove figurò un'assunzione al cielo di Maria Vergine, e di sotto gli apostoli, con alcune storiette di piccole figure nella predella della medesima tavola» la Pala di San Nicola da Tolentino per la Cappella Baronci in Sant’Agostino di Città di Castello, andata distrutta nel terremoto del 1789; la Crocifissione Gavari per la Chiesa di San Domenico (1502 – ‘03), (oggi alla National Gallery di Londra), «nella quale egli scrisse il proprio nome»; e lo Sposalizio della Vergine (1504) per la chiesa di S. Francesco (oggi alla Pinacoteca di Brera).

L’artista si spostò a Firenze, dove «fu molto onorato da Lorenzo Nasi e da Taddeo Taddei, il quale lo tenne in sua casa propria, ed alla propria sua tavola per tutto il tempo, che vi dimorò. Quello Taddeo Taddei fu erudito gentiluomo, onde fu molto caro al cardinal Bembo, con cui tenne lunga corrispondenza di lettere e, come si ha dalle medesime, fu solito favorirlo in ogni affare».

Tornò nuovamente a Urbino, per seguire la morte del babbo e, subito dopo, della madre, quindi si trasferì a Perugia, per realizzare nella chiesa di S. Severo a Perugia la Trinità e Santi (1505 – ’08).

Raffaello - Trinità e Santi (Chiesa di San Severo, Perugia)

Quindi, «desideroso di nuovi studj se ne tornò a Firenze per studiare le pitture di Masaccio, senza perder di vista quelle del cartone di Michelagnolo e di Lionardo. Fecesi anche stretta amicizia con fra Bartolomeo di san Marco, cognominato il Frate, al quale insegnò le buone regole della prospettiva, riportandone egli il contraccambio di profondissimi precetti pel colorito, a seconda de' quali operando poi Raffaello fecesi quella mirabile maniera, che a tutti è nota».

Raffaello - Pala Baglioni (Galleria Borghese, Roma)


Si dedicò alla celebre Pala Baglioni (1507) per la chiesa di S. Francesco a Prato (conservata presso la Galleria Borghese). Fu richiamato ancora una volta a Firenze dalla famiglia Dei, che gli commissionò la Madonna del Baldacchino (1506 – ’08) presso la cappella di famiglia (oggi conservata presso la Galleria Palatina di Firenze).

Raffaello - Madonna del Baldacchino (Galleria Palatina, Firenze)

Grazie all’intervento di Bramante, fu chiamato a Roma da Giulio II, che gli commissionò la Stanza della Segnatura (1511).

«Questa camera detta della segnatura contiene nella volta quattro immagini di donne sedenti sulle nuvole, e sono la teologia, la filosofia, la giurisprudenza, e la poesia. Sotto di queste allusive a queste discipline sono due grandi pitture nelle pareti, che non sono interrotte, e due minori, dove rimangono le finestre. Nella parete, che rimane a mano sinistra dell'ingresso, che corrisponde alla filosofia, è il ginnasio di Atene di una superba architettura. Nel mezzo in un sito elevato sono Platone e Aristotile in piedi quasi in atto di disputare. Vi è anche Socrate, che si conofce dalla faccia ricavata da' marmi antichi, e numera con le dita verso un bellissimo giovane armato, fatto per Alcibiade. V'è Pittagora, a cui un giovanetto tiene una tavoletta colle consonanze armoniche e molti altri filosofi antichi. Quel giovane vestito fino al collo di un bianco manto fregiato d'oro, che tiene la mano al petto, ed è di fianco, si dice essere Francesco Maria della Rovere duca d'Urbino, e nipote di papa Giulio. Evvi Diogene in disparte sul secondo scaglione col pallio gettato indietro mezzo nudo e scalzo con avanti la tazza. Quegli, che chinato a terra disegna sopra una tavoletta col compasso una figura esagona, è Archimede, ma la testa somiglia a Bramante Lazzari grande architetto, e parente di Raffaello. Quel giovane inchinato con un ginocchio per vedere detta figura, e che l'accenna a un suo compagno, si dice dal Vasari essere Federico II duca di Mantova. Uno di quelli sapienti col globo elementare in mano, e colla corona radiata e il mantello d'oro si crede Zoroastro re de' Battriani. Tra tutte queste figure si debbon notare le teste di que' due sulla destra di Zoroastro, e su l’ultima linea della pittura, perché uno di essi rappresenta al naturale Raffaello medesimo, ed è il più giovane, che ha una berretta nera in testa, di nobile aspetto, e modesto, adorno di grazia, e di dolcezza. L’altro attempato è Pietro Perugino. L'architettura di questo ginnasio ritiene molto della basilica Vaticana, secondo la prima idea di Bramante e del Buonarroti.

Di rimpetto a questa pittura, sotto l’immagine della teologia, nel meno della gran parete è effigiato un altare, sopra al quale è posto un ostensorio d' oro col santissimo Sacramento (La disputa del Sacramento), e di qua e di là i quattro dottori della chiesa Latina con altri maestri in divinità, che disputano sopra questo profondo mistero. Qui pure è ripetuto il ritratto di Bramante, calvo e senza barba, e sta appoggiato ad un parapetto di marmo, su cui appoggia un libro aperto e colla sinistra accenna la scrittura, volgendosi verso d'uno, col quale pare, che contrasti. Evvi anco Innocenzo III, san Tommaso Scoto, e san Bonaventura, e fino Dante poeta teologo col volto in profilo, raso ed asciutto  e laureato, e rimane a mano destra quasi sopra la porta; e appresso di lui è tra Girolamo Savonarola Domenicano, dipinto pure in profilo. In aria ha Raffaello effigiato il Padre eterno col Figliuolo e la Vergine madre, e san Giovan Battista, e sotto varj santi del vecchio e nuovo testamento con molti angeli, tra' quali quattro tengono i libri de' quattro evangelj. Questa è la prima pittura, che facesse in queste stanze Raffaello, e ritiene nella gloria qualche poco della maniera de' vecchi maestri, benché si vegga che di gran lunga gli aveva già trapassati.

Sopra la finestra di mano sinistra sotto l'immagine della giurisprudenza, sono rappresentate le tre virtù, che accompagnano la giustizia, cioè la prudenza, temperanza e fortezza (Virtù e la Legge). Nel lato destro della finestra siede papa Gregorio IX  e porge i decretali ad un avvocato concistoriale, nel volto del qual papa è espresso Giulio II. Appresso ad esso sono ritratti i cardinali Giovanni de' Medici, che fu poi Leone X, Antonio del Monte e Alessandro Farnese, detto dopo Paolo III. Nel lato sinistro è Giustiniano imperadore, che dà i digesti a Triboniano, che sta ginocchioni, con avere presso di sé in piedi Teofilo e Doroteo.

Sopra la finestra sotto l’immagine della poesia si vede il monte Parnaso, con Apollo, e le Muse e sotto ad esse sparsi pel monte varj poeti.

Sembra Omero cieco cantare i suoi poemi. Più addietro è Dante col mantello lungo di color rosso e la berretta in capo, e la corona di alloro, e pare che vada seguitando Virgilio, come egli finge nel suo poema. Dopo Virgilio quel poeta laureato di età giovenile è lo stesso Raffaello. Più a basso una donna sedente è Saffo, come si legge nella cartella o volume, che tiene. Il poeta laureato, che è sulla destra senza barba, è il Sannazzaro. Sopra ad esso all'ombra di due lauri si veggono due altri coronati, che il Vasari dice uno essere il Boccaccio e l’altro il Tibaldeo; il primo ha le mani entro le maniche del sajo e l’altro volge la faccia avanti. Vi sono alcune figure grandi quanto il naturale di chiaroscuro, che rappresentano uomini, e donne a foggia delle Cariatidi, che sostengono una cornice. Tra esse sono alcuni riquadri floriati. In un di questi sotto la scuola d'Atene è una donna, che tiene sotto il piede il globo terrestre e molti libri, e significa la speculazione delle cose elementari. In un altro son varj filosofi, che ragionano intorno al globo terracqueo. Quindi segue Siracusa assalita per mare e per terra, e difesa dalle macchine d'Archimede. Poi si vede Archimede medesimo percosso da un soldato nella presa di Siracusa, senza che egli se ne accorga, per esser intento a un teorema matematico, la cui figura disegna con le seste in terra. Sotto il Sacramento dell'altare è un sacrifizio antico de’ Gentili, che accenna essere abolito dall'incruento e divino sacrifizio della messa. Appresso è sant'Agostino col fanciullo, che gli mostra esser più facile con una tazza votare il mare, che intendere il mistero della santissima Trinità. Poscia si vede la Sibilla, che mostra ad Ottaviano la vergine, che doveva partorire senza commercio umano. In fine una donna sedente rivolta al cielo per denotare la contemplazione delle cose celesti.

Sotto il monte Parnaso di qua, e di là dalla finestra parimente sono due piccole storiette di chiaroscuro, ma bellissime al maggior segno, che una rappresenta il ritrovamento de' libri Sibillini nel sepolcro di Numa, e l’altra  l’abbruciamento di essi nel comizio. Nell'arco di questa finestra è scritto: Julius II Ligur, Pont. Max. an. Chr. MDXI pontificat. sui VIII».

Michelangelo fu richiamato in Firenze, così Bramante fece visitare la Cappella Sistina a Raffaello, «il quale, riconosciuto che ebbe la nuova e gran maniera, la profonda intelligenza dell'ignudo, il ritrovare e girar de' muscoli negli scorti, e la mirabil facilità, con che si veggono in quell'opera superate le più ardue difficultà dell'arte, rimase stupito a segno, che, parendogli fino allora non aver fatto nulla, posesi a far nuovi ftudj e prese la gran maniera, che dipoi tenne sempre».

«La prima opera dunque, ch'egli facesse, o per meglio dire, rifacesse di quella gran maniera, fu la mirabile figura dell' Isaja profeta nella chiesa di santo Agostino».

Agostino Chigi dispose, perché nella Villa Farnesina dipingesse il Trionfo di Galatea (1512); quindi, nella basilica di Santa Maria della Pace le Sibille ed Angeli (1514).

Quindi riprese l’attività della Stanza della Segnatura colla Messa di Bolsena, la Liberazione di San Pietro (1513 – ’14) ed altre storie per diversi cardinali.

Si dedicò ad immortalare Leone X ed i cardinali Giulio de Medici (futuro Clemente VII) e Luigi De Rossi (1518) (oggi agli Uffizi); quindi concluse La stanza dell’incendio di Borgo (1514 – 17) nelle Stanze vaticane, «e la tanto nominata loggia di Agostino Chigi (Loggia di Psiche presso la Villa Farnesina di Roma, tra il 1508 ed il 1512), dove sono molte figure di tutta sua mano, siccome furono tutti i disegni, e cartoni fatti per la medesima».

Cominciò a descrivere i cartoni, sui quali avrebbero lavorato i suoi allievi, per dipingere la Sala di Costantino (1520 – 24) (Musei vaticani)

«Fu Raffaello anche nell'opere di architettura eccellentissimo», producendo molti disegni per diverse opere, come le Logge, iniziate dal Bramante, del Palazzo apostolico, che affidò al lavoro di alcuni allievi, tra cui Giulio Romano. Edificò, per conto del cardinale Scipione Caffarelli Borghese la Casina in Villa Borghese a Roma e disegnò la cupola di Santa Maria del Popolo della Cappella Chigi.

«Pel monastero di Santa Maria dello Spasimo di Palermo (1517) (oggi al Prado di Madrid) fece la gran tavola del Cristo portante la croce (La salita al Calvario), la quale ben coperta, e incassata già si conduceva per mare al luogo suo, quando rottasi ad uno scoglio la nave, periti gli uomini e le mercanzie quella sola si salvò; conciossiacosaché fosse portata nel mare di Genova e quivi tirata a terra senz'alcuna macchia o lesione fosse ritrovata e parve in un certo modo che 'l mare avvezzo a spogliare la terra de' suoi più ricchi tesori non osasse imbrattarsi di furto sì detestabile col rapire una delle più ricche gioje, che ‘l mondo avesse».

Dipinse la Trasfigurazione (oggi alla Pinacoteca vaticana) per il cardinale Giulio De Medici, futuro Clemente VII, per la cattedrale di Narbona; l’opera fu poi completata dall’allievo Giulio Romano.

Fu l’ultima opera del Maestro, il quale ammalatosi raccolse i suoi discepoli più intimi, tra cui Giulio Romano, «il quale sempre molto amò», Giovan Francesco Penni detto il Fattore, ed un suo prete di Urbino, lontano parente. Ordinò loro che si restaurasse, a sue spese, un antico tabernacolo in Santa Maria alla Minerva, e si costruisse una statua della Vergine, che fungesse da sua tomba. Il 6 aprile del 1520, all’età di 37 anni, spirò quell’«anima del quale è da credere che come di sue virtù ha abbellito il mondo, così abbia di se medesima adorno il cielo. Gli misero alla morte al capo nella sala, ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione, che aveva finita pel cardinal de Medici, la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva faceva iscoppiar l’anima di dolore a ognuno, che quivi guardava; la quale tavola per la perdita di Raffaello fu messa dal cardinale a san Pietro a Montorio all'altar maggiore, e fu poi sempre per la rarità di ogni suo gesto in gran pregio tenuta. Fu data al corpo suo quell'onorata sepoltura, che tanto nobile spirito aveva meritato, perché non fu nessuno artefice, che dolendosi non piagnesse e insieme alla sepoltura non l’accompagnasse.

Fu Raffaello in ciascheduno de' doni della natura un vero miracolo. Primieramente tale fu la bellezza del volto e del corpo suo, che avrebbero potuto i discepoli di lui, discorrendo secondo la falsa opinione de' pittagorici affermare esser egli stato Apollo in forma di Raffaello; alla qual bellezza le doti d'animo si congiugneremo, troveremo non essere al tutto falsa la conclusione di coloro che pensarono non compatirli in un sol uomo sublimità d'ingegno e bruttezza di corpo. A quelle doti aveva egli congiunta una stupenda modestia con maravigliosa attrattiva, con cui a principio di suo parlare legava ogni cuore, anzi schiava si rendeva ogni volontà. Era liberalissimo dell'avere e del saper suo; talmenteché non ci pittore a' uoi tempi, a cui aiuto, consiglio o disegni per condurre sue opere abbisognassero, ch'egli, ogni altra propria occupazione lasciando, non sovvenisse. Per quelle nobilissime qualità, oltre al suo stupendo operare in pittura, non solo fecesi superiore ad ogni invidia, ma niuno tra' professori fu che in gran venerazione non lo avesse; e beato si chiamava chi poteva, anche senz'aver con lui che trattare, godere della presenza sua; tantoché non mai usciva in pubblico, che ei non fosse accompagnato da gran comitiva di virtuosi ed altri amatori delle bellissime doti sue.

Ebbe amici in ogni parte e particolar corrispondenza con Albert Dürer, che lo regalò del proprio ritratto di sua mano, al quale corrispose Raffaello con un donativo di proprj disegni.

Finalmente fu Raffaello da Urbino e per li doni della natura, e per l’industria nell'arte tale quale è stato fino al presente tempo, e qual sempre sarà nel concetto de' posteri, uno de' più degni e pregiati uomini, che mai avesse il mondo».

 

Articoli d’arte

«Alessandro Filipepi detto Sandro Botticelli, pittore fiorentino» secondo «Le notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua» di Filippo Baldinucci (1770)

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«Andrea Del Verrocchio, pittore, scultore ed architetto fiorentino» secondo le testimonianze di Filippo Baldinucci

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«Andrea Mantegna, pittor padovano» dalle «Notizie de’ professori del disegno» di Filippo Baldinucci

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«Antonio del Pollaiolo», pittore, scultore ed architetto fiorentino nelle testimonianze di Filippo Baldinucci

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«Domenico del Ghirlandaio, pittore fiorentino», nelle memorie di Filippo Baldinucci

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«Giuliano da Sangallo» nelle notizie storiche di «Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua» di Filippo Baldinucci

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«Leon Battista Alberti architetto» nel racconto delle memorie storiche di Filippo Baldinucci

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«Lionardo da Vinci, pittore» dalle «Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua» di Filippo Baldinucci

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«Piero di Cosimo, pittore fiorentino, così detto perché fu discepolo di Cosimo Rosselli» nella descrizione di Filippo Baldinucci

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