mercoledì 6 ottobre 2021

L’«Affettazione» nell’«Iconologia» di Cesare Ripa


 

L’«Affettazione» si presenta come una giovane abbigliata assai vistosamente con un drappo molto colorato, che mostra un volto languido e delicato. Si trova di fronte ad uno specchio, al fine di assumere una posa, per cui sia piuttosto ammirata dagli altri. Nella mano destra stringe un narciso, mentre nella sinistra una maschera; vicino ai suoi piedi, si nota una scimmia.

Ella è giovane, perché è l’età, in cui, soprattutto, si cercano atteggiamenti sensuali ed ammiccanti, piuttosto che impegnarsi nelle scienze, al fine d’accrescere la propria autostima.

Il volto in posa languida e delicata spiega come il comportamento artificioso risulti fastidioso ed importuno, e nel contempo l’affettato si dimostri mai pago e sempre rammaricato. Nelle conversazioni, assume un tono sempre conciliante, risultando sciocco ed immaginando che l’uditorio lo ammiri per lo spirito dimostrato.

Il vestito è riccamente colorato, poiché diversi sono i comportamenti artificiosi, cui sono inclusi: gl’ignoranti, i presuntuosi, i quali si crederebbero dotti per aver letto il frontespizio si qualche libro. L’affettato si distingue per l’uso inutile delle parole straniere, poiché – a suo avviso – stupirebbe l’interlocutore, consegnandosi un’immagine di uomo dotto e profondo, mentre risulterebbe assai tedioso.

Spesso, tra gli affettati emergerebbero dei veri colti, i quali cercherebbero in tutti modi di mostrarsi più di ciò che sono realmente, parlando di se stessi oppure intrattenendosi solamente sulle materie di ritenuta completa competenza. Qualora avesse qualche pubblicazione dato alle stampe, l’affettato sottoporrebbe a duro travaglio gl’interlocutori, costretti ad ascoltare qualche porzione del suo scritto.

Giuseppe Parini (1729 - 1799)
Giuseppe Parini scrisse a proposito degli ostentatori nel Pastor fido (Atto V, cena VI):

Oh cecità de le terrene menti!

In qual profonda notte,

in qual fosca caligine d’errore

son le nostr’alme immerse

quando tu non le illustri, o sommo Sole!

A che del saper vostro

insuperbite, o miseri mortali?

Questa parte di noi, che ‘ntende e vede,

non è nostra virtù, ma vien dal cielo;

esso lo dà come a lui piace, e toglie.

Risulterebbero noiosi anche quei nobili dal comportamento artificioso, che tedierebbero il prossimo raccontando della loro illustre genealogia, le imprese degli avi ed i servizi offerti allo stato.

L’affettato mostrerebbe inganno, così come è rappresentato simbolicamente dalla giovane davanti allo specchio, il quale mostra un’immagine riflessa, ch’esso non possiede realmente. Così l’artificioso mostra di possedere ciò che realmente non ha, ingannando, più che gli altri, se stesso.

Giovan Battista Guarini (1538 - 1612)
La posizione del corpo denuncia la vanità, così come spiega il Guarini nel Pastor fido (Atto I, Scena V):

La scorza sol d'un miniato volto.

Nè già son l'opre tue gradir con fede

La fede di chi t'ama, e con chi t'ama

Contender ne l'amare, ed in duo petti

Stringer un core e 'n duo voleri un'alma;

Ma tinger d'oro un'insensata chioma,

E d'una parte in mille nodi attorta,

Infrascarne la fronte; indi con l'altra,

Tessuta in rete e 'n quelle frasche involta,

Prender'il cor di mille incauti amanti.

O come è indegna e stomachevol cosa

Il vederti tal'hor con un pennello

Pinger le guance ed occultar le mende

Di natura, e del tempo, e veder come

Il livido pallor fai parer d'ostro,

Le rughe appiani, e 'l bruno imbianchi e togli

Col difetto il difetto, anzi l'accresci

Spesso un filo incrocicchi, e l'un de capi

Co denti afferri, e con la man sinistra

L'altro sostieni, e del corrente nodo

Con la destra fai giro, e l'apri e stringi

Quasi radente forfice, e l'adatti

Su l'inegual lanuginosa fronte,

Indi radi ogni piuma, e svelli insieme

Il mal crescente e temerario pelo

Con tal dolor, ch'è penitenza il fallo:

Ma questo è nulla, ancor che tanto, à l'opre,

Sono i costumi somiglianti e i vezzi.

Qual cosa hai tu, che non sia tutta finta?

S'apri la bocca, menti, e se sospiri,

Son mentiti i sospir; se muovi gli occhi,

È simulato il guardo. In somma ogn'atto,

Ogni sembiante, e ciò che in te si vede

E ciò che non si vede, ò parli ò pensi

O vadi ò miri ò pianga ò rida ò canti,

Tutto è menzogna

Ella si dipinge con un narciso, stretto nella mano destra, dimostrante la vanità e la stoltezza dell’affettato; infatti, si moverebbe senza pensare rettamente, per essere ciò che non è, diverso comunque da ciò che la natura lo costituì.

La maschera, che tiene colla sinistra, indicherebbe la simulazione in atto, poiché lontana dalla sua natura, rendendosi fastidioso e ridicolo. La maschera, oltretutto, denota che l’affettato copra il vero, perché compaia il falso.

Ai piedi della giovane, comparirebbe una scimmia, la quale è uno degli animali più ridicoli e presuntuosi, sciocco imitatore delle altrui azioni. Essa, come l’affettato, diverte il mondo ed, essendo tutt’altro che bella, sedurrebbe mostrandosi attraente, cosicché nel ricevere i complimenti, si mostrerebbe lietissima; al contrario manifesterebbe tutta la sua rabbia in modo molto esplicito.

FATTO STORICO PROFANO

Diogene Laerzio (180 - 240)
Creso, re della Lidia, indossò uno degli abiti più colorati e preziosi in occasione di una solenne celebrazione, cui assisteva assiso sul trono reale. Avendo visto Solone, uomo dai costumi morigerati, gli chiese, se trovasse nel mondo cosa più grande di sé. Il filosofo gli rispose che lo strano comportamento del Re gli ricordava i tanti uccelli presenti del mondo. Creso se n’ebbe a male, promettendo che lo avrebbe perseguitato sino alla morte (Laerzio citato dall’Astolfi nell’Officina storica, libro 3, capitolo 8).

FATTO FAVOLOSO

Publio Ovidio Nasone (43 a. C. - 18 d. C.)

Cassiope, moglie di Cefeo, re di Etiopia, e sua figlia, Andromeda erano di una meravigliosa bellezza, che ostentavano al punto da gareggiare colle Nereidi, di cui si reputavano assai più graziose, ed infine colla stessa Giunone. La dea, allora, punì Andromeda ad essere legata dalle Nereidi ed esposta nuda su uno scoglio, preda di un mostro marino. Perseo passò nel tratto di mare, ove era la giovane legata e, vedendo che sarebbe stata divorata, usò la testa di Medusa, per impietrire il carnefice marino, liberò la vittima, per restituirla ai suoi genitori, che la cedettero, in segno di riconoscenza, come moglie (Ovidio, Metamorfosi)

 

L’«Abbondanza» secondo l’«Iconologia» di Cesare Ripa

https://ale0310.blogspot.com/2021/07/labbondanza-secondo-liconologia-di.html

L’«Adulazione» nell’«Iconologia» di Cesare Ripa

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/ladulazione-nelliconologia-di-cesare.html

L’«Adulterio» secondo l’«Iconologia» di Cesare Ripa

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/ladulterio-secondo-liconologia-di.html

L’«Affabilità» secondo l’«Iconologia» di Cesare Ripa

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/laffabilita-secondo-liconologia-di.html

 

 

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