martedì 28 settembre 2021

Alessandro Manzoni: le Odi


Nel settembre del 1819, Alessandro Manzoni si portò a Parigi colla famiglia, ospitato dal Fauriel e dalla marchesa di Condorcet. Il felice soggiorno fu turbato dall’improvvisa indisposizione dello Scrittore, che ne informò il marchese Visconti d’Aragona, annunciandogli il rimpatrio nella fine di maggio; con la famiglia sarebbe rincasato l’8 agosto a Brusuglio. Aveva trascorso circa dieci mesi a Parigi, un periodo decisamente breve, ma, forse, interessante per la definitiva costituzione del suo pensiero politico.  Si confermò nelle simpatie per i cattolici giansenisti, in accordo con i convincimenti liberali e soprattutto confidò negli studi storici, dove vide soprattutto nei vinti l’azione della Provvidenza. Egli quindi rimpatriava nelle migliori condizioni di spirito, per comprendere la situazione italiana, dove già dal 1818, sul Conciliatore si attendevano scuole di mutuo insegnamento e dal 1819, si passò all’azione politica. 

Nel1820, Pellico e Confalonieri furono
tratti in arresto e nella primavera del ’21, scoppiò la prima grande vampata, cui Manzoni non prese parte, essendo spirito più riflessivo e meditativo, che portato all’azione. Sempre nel 1820, diede alle stampe la tragedia Il Conte di Carmagnola, che suscitò immediata soddisfazione nel Pellico, che la definì «bellissima», e di molti letterati francesi e tedeschi, tra cui Goethe.

Calude Fauriel (1772 - 1844)

Vincenzo Monti (1754 - 1828)
Vincenzo Monti se ne lagnò per lo stile trascurato e prosaico e giudicò il coro una sovrastruttura inutile.

Manzoni si attirò anche critiche feroci per aver condotto in scena personaggi storici reali; in contraddizione colle regole aristoteliche, e coll’uso del coro alla maniera della tragedia greca, quale luogo di rappresentazione del pensiero dell’autore.

Nella tragedia, confluivano i sentimenti religiosi, morali – patriottici dello scrittore. Sulle unità aristoteliche, confidava nella Prefazione che «lo spettatore fosse lì come parte dell’azione; quando è, per così dire, una mente estrinseca che la contempla. La verosimiglianza non deve nascere in lui dalle relazioni dell’azione col suo modo attuale di essere, ma da quelle che le varie parti dell’azione hanno tra di loro».

Manzoni quindi difendeva se stesso come tragico e come lirico, e, nel rispetto della verità storica, alzava la propria voce di cristiano ed italiano di fronte all’azione.

Col Carmagnola, Manzoni, compiuta un’opera d’arte e di fede, costituiva l’essenza del suo particolare Romanticismo, fondato, essenzialmente, sul rifiuto della mitologia idolatra, sul rifiuto dell’imitazione dei classici, i quali mai giunsero all’«esclusiva perfezione poetica», come scriveva in una lettera a Cesare D’Azeglio.

Forse la mancata soddisfazione propose a Manzoni una nuova eppur più impegnativa prova. Già dal 1820, confidava in una lettera al Faurel il soggetto per la nuova tragedia: la caduta del regno longobardo colla situazione giuridica e politica degli Italiani divisi tra Longobardi e Franchi.

Dopo aver dato corso a diverse letture storiche, Manzoni oppose la ricostruzione storica dell’avvenimento, dei personaggi e dei costumi. Nacque così l’Adelchi (1822), ricca di vita umana e di passione tragica, che dimostrò compattezza nell’azione, potentemente drammatica e patetica nei due cori, in cui sono descritte le condizioni del volgo italiano; e l’alta poesia con cui è descritta la figura di Ermengarda. L’Adelchi rappresentò un altro grande passo in avanti del genio manzoniano verso la piena rivelazione di sé.

L’identità della concezione storica morale e patriottica si rinnova per entrambi i lavori, con al centro la situazione italiana, governata tirannicamente da forze straniere; esplode la visione pessimistica della storia, trasfigurata in forza della fede, nella ricostituzione di un ordine morale voluto dalla Divina Provvidenza.

Già nel Marzo 1821, e nel Cinque maggio, emergeva la coscienza patriottico – umana e cristiana del Poeta, che interpretava i moti rivoluzionari napoletani  e piemontesi poi, come felice augurio che l’esercito sardo potesse passare il Ticino. Manzoni intravide una tenue fiammella della desiderata unità, che avrebbe finalmente taciuto le discordanze regionali e che presto tutta la Penisola sarebbe stata invasa dalla scelta d’unità.

Marzo 1821, cui sarebbe seguita La Pentecoste, fu pubblicata nel 1848, dopo le Cinque giornate, quando tutta l’Italia sorgeva per la prima guerra nazionale. Espresse tutto il suo amore, soffuso di tenerezza e pietà per la dolente Patria, che doveva risollevarsi dallo stato avvilente e servaggio, cui era stata condotta.

Più concettoso il Cinque maggio, ispirato dalla morte di Napoleone I, e scritto in soli due giorni. Fu vera gloria? Fu la domanda antiretorica, con cui illustrava la parabola napoleonica e, nello stesso momento, giudicava le fortunose vicende, sotto le quali giaceva serva l’Italia.

Johann Wolfgang Goethe (1749 - 1832)
La sua ode fu colta dal Goethe, che ne curò la traduzione.

 

 

 

  




Il primo soggiorno parigino di Alessandro Manzoni

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/il-primo-soggiorno-parigino-di.html

Alessandro Manzoni: «Le osservazioni sulla morale cattolica»

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/alessandro-manzoni-le-osservazioni.html

Nessun commento:

Posta un commento