lunedì 18 ottobre 2021

Campo de’ Fiori

 

Il film, girato nel 1943, in pieno conflitto mondiale, compone la Trilogia di personaggi popolari, interpretati da Aldo Fabrizi: Avanti c’è posto (diretto da Mario Bonnard, del 1942), in cui il popolare attore interpreta un tramviere e L’ultima carrozzella (diretto da Mario Mattoli, del 1943), dove dà vita a Toto, un vetturino.

Il film comincia con un dettaglio di alcuni fiori, quindi la statua di Giordano Bruno in Piazza Campo de Fiori a Roma in campo lungo, fin quando l’immagine si finge sul nostro protagonista: Peppino Corradini, pescivendolo (Aldo Fabrizi) intento a vendere la sua mercanzia ai tanti avventori presenti sulla piazza.  


 


Una potenziale acquirente reclama che il pesce non sia sufficientemente fresco, immediatamente redarguita con toni gentili sulla qualità dal simpatico commerciante.

Al banco vicino, la fruttivendola Elide (Anna Magnani) reclama la frutta che vende, entrando così in competizione canora col pescivendolo, il quale ha convinto l’acquirente sulla bontà del suo pesce, mentre Elide esprime tutte le sue perplessità. 

 


Una nuova cliente chiede a Peppino che tipo di pesce possa comprare e l’uomo, scherzando, le indica una collana di perle. La battuta non passa all’attenta Elide, la quale rimprovera all’uomo di essere fin troppo falsamente simpatico. Peppino non raccoglie e consiglia la nuova acquirente la ricetta, con cui rendere ancor più buono il sapore del venduto, mentre Elide, distrattamente, ascolta. All’ennesima provocazione, Peppino si avvicina, stringendo il cartoccio tra le mani, alla bella fruttivendola:

Dico… Ah scapijona, non potreste penzà ai broccoletti vostri?»

La donna invita l’uomo ad allontanarsi, poiché teme che il pesce possa ammorbare la sua frutta, ma presto il serrato dialogo tra i due è interrotto dall’acquirente, che reclama il suo pesce. Appena Peppino si allontana, Elide torna a gridare le delizie, che sta vendendo. La cliente pretende la pulizia del venduto, che l’uomo affida al suo aiutante, Merlino, lanciando il pesce all’interno di un secchio d’acqua nei pressi dell’uomo, improvvisamente rinfrescato:

«Eh, no! Lo sapete che l’acqua non me piace!»

«E’ pe’ questo. T’hai da lavà!», esclama un sempre più risentito Peppino, che riceve un’ulteriore provocazione da parte di Elide, la quale lo invita a lavarsi la coscienza, ritenendolo forse colpevole di chissà quali peccati.

Intanto un uomo dall’aria stanca (Giulio Calì), chiede meccanicamente delle alici; ma il pescivendolo non lo ascolta.

 


All’interno di una bottega da barbiere, Aurelio (Peppino De Filippo) sta insaponando la faccia di un cliente, mentre racconta l’ennesima avventura amorosa, di cui sarebbe stato protagonista. L’uomo gli consiglia di prender moglie, per non perdersi dietro a troppe gonne, ma Aurelio non accetta affatto il consiglio, preferendo la libertà. Terminato il lavoro e ricevuto il dovuto, il barbiere comunica al ragazzo di bottega che si recherà da Peppino.

 

 

Il pescivendolo con occhio languido conversa amabilmente con un’avventrice, che vorrebbe far presto, per non essere rimproverata dalla padrona; ma l’uomo indugia e mentre cerca di sfiorarle il viso, arriva Aurelio, salutato da Peppino:

«Ciao, Pecorino».

«E dagli con Pecorino, mi chiamo Aurelio». E’ la ferma, piccata risposta dell’amico.

Come se niente fosse, Peppino torna a parlare con la giovane ragazza, ignorando il barbiere che rimane nei pressi ad ascoltare la privata conversazione, mentre il solito triste compratore ripete – per l’ennesima volta – delle alici, ma il pescivendolo lo invita, ancora una volta, ad attendere.

 


Le sue attenzioni sono tutte per la ragazza, la quale chiede dei pesci senza spine, così come le ha ordinato la padrona. Aurelio ricorda all’amico che dovranno recarsi allo stadio, per vedere Roma – Lazio, il derby della capitale; quindi s’avvicina ad Elide, la quale rimprovererebbe a Peppino la troppa volontà di divertirsi e la poca disinvoltura nell’impegnarsi nelle cose serie.

 


Mentre il cartoccio di pesci senza spine è consegnato alla giovane, si rifà avanti lo stesso avventore triste, che chiede insistentemente delle alici.

Aurelio invita Elide nel proprio negozio per la permanente, ma la donna non accetta l’invito. Capito che con la fruttivendola non ci sono possibilità di dialogo, ritorna dal suo amico Peppino, consigliandolo ad esercitare l’arte della pazienza colle donne, «dominandole ma con signorilità». Il ragazzo di bottega avvisa il barbiere che ci sono clienti in attesa, e così saluta il suo amico, ricordandogli l’appuntamento alle 3, «alla solita fermata».

La piazza del mercato cambia; l’unica presenza di una donna distinta, elegante nobile nel portamento sembra aver attirato l’attenzione di Aurelio, che la guarda con interesse. Ella è così diversa dalle altre donne! Si aggira per i banchi, mirando senza comprar nulla, mentre Peppino cerca di attirare la sua attenzione, aggiustandosi il collo della camicia, che indossa sotto la giacca consunta. La donna, lentamente, si avvicina al banco del pescivendolo: indossa un cappello leggero, sotto il quale una gran cascata di capelli biondi incornicia un viso dai tratti nobilissimi. Solo i suoi occhi sembrerebbero non partecipare a quell’incanto di luce; essi sono spenti, tristi, quasi rabbuiati pur essendo celesti.

Elsa (Caterina Boratto) chiede un solo pesce da bollire; Peppino agguanta una spigola, che era tra le mani di un altro avventore, per farlo osservare dalla donna, ricamando sulla sua bontà. Intanto l’avventore chiede che gli sia restituito il pesce: avrebbe intenzione di acquistarlo. Si avvia un alterco tra i due dai toni sempre più concitati. Inizia a radunarsi la solita folla di curiosi e pettegoli; egli pretende la spigola, che intanto è finita dentro della carta, per essere venduta ad Elsa. La situazione degenera al punto tale che la donna rinuncerebbe alla spigola, ma Aurelio la trattiene, mentre l’avventore improvvisa un’arringa dedicata ai tanti radunati attorno al banco del pescivendolo. Elide si avvicina con sguardo sardonico, ed una guardia si fa largo tra la folla, la quale cerca di porre ordine, invitando i litiganti ad abbassare il tono della voce. Elsa, quasi da parte, isolata da quel mondo al quale non sembra appartenere, assiste come anestetizzata alla scena, di cui è effettivamente attrice. 

 


Alle domande della guardia, Aurelio non sa cosa rispondere, quando interviene Elide, dichiarandolo «busciardo, davero»; Aurelio la guarda con ira repressa. La guardia richiama l’attenzione del pescivendolo, accusandolo di non aver posto sopra la spigola il cartello col prezzo. Motivazioni oggettive non sono addotte, mentre Elsa, sempre più assente e forse anche spaurita, lascia sul piatto della bilancia il cartoccio colla preziosa spigola e si allontana silenziosamente. La guardia chiede la licenza; Aurelio s’accorge che la donna è sparita e dimostra certo dispiacere; quindi consegnato il documento, è costretto a consegnare all’avventore la spigola in cambio delle pattuite 80 lire.

Peppino minaccia Elide che: «se non ve fate l’affari vostra, la prossima vorta ve ariva un cefaletto sur grugno», ma la donna non sembra scomporsi. Il dialogo è interrotto dall’ennesima richiesta delle alici da parte del solito cliente, ma stavolta, con tono risentito, Peppino risponde che sono terminate:

«Nun ce l’ho. Lo voi capì; si o no?»

All’interno di un autobus, Peppino col suo amico Aurelio, vestiti elegantemente, stanno conversando. Il pescivendolo racconta, a suo modo, ciò che sarebbe accaduto la mattina: grazie alla sua volontà, la preziosa spigola sarebbe finita nella sporta di Elsa. Dal tono del racconto, Peppino dimostra senza tema alcuna tutto il suo interesse per la bella signora dagli occhi tristi, il quale vedrebbe, in un’eventuale conquista, anche il riscatto sociale da una condizione, che forse non ama.

Alla fermata di Piazza del Popolo, Peppino vede la sua bella entrare al bar Rosati; costringe Aurelio a scendere repentinamente dal bus ed i due si avvicinano di gran lena all’ingresso dell’elegante bar. Incredibilmente, davanti alla porta, Peppino ha qualche esitazione; si accende nervosamente una sigaretta, mentre l’amico lo invita a seguire la bella signora. Con passo molto indeciso e schiarendosi la voce, il pescivendolo guadagna l’ingresso, poi torna sui suoi passi, per chiedere in prestito i guanti, che indossa Aurelio.

All’interno del bar l’atmosfera è rarefatta. Peppino si guarda in giro, onde incrociare Elsa, che intravede, seduta ad un tavolo con l’amica. Olga, a sorseggiare del the. L’uomo gira un poco alla larga, manifestando forse timore poi, sbadatamente, dà una spinta ad un cameriere, che portava un vassoio con dei bicchieri, causandone la caduta rovinosa a terra. Richiama così l’attenzione dei presenti ed assicura l’inserviente che pagherà il dovuto. Mentre l’uomo raccoglie i cocci disseminati disordinatamente in terra, Peppino trova il coraggio necessario ed accenna un timido inchino con un sorriso sbieco all’indirizzo delle signore, che non riconoscono affatto chi sia quell’elegante signore in giacca e cravatta.

«Non mi riconoscete, vero?»; Elsa trama un poco poi finalmente, come se avesse ricevuto un’illuminazione: «Ah, si! Il pescivendolo!». Peppino vorrebbe offrire, ma le signore rifiutano cortesemente; e mentre Elsa coll’amica sorseggiano il the, l’uomo offre del pesce, che personalmente vorrebbe recapitare. Olga consegna la carta dell’indirizzo a Peppino, mentre si avvicina, a passo deciso, un uomo, intimo delle donne, che, senza chiedere il permesso, si siede al tavolo. Quindi Olga inizia a discorrere col nuovo arrivato, ignorando Peppino, che si avvia verso l’uscita, richiamato dal cameriere, venuto a riscuotere il danno: 120 lire.

Uscito dal locale, Aurelio è affamato di novità. Peppino è così felice dell’incontro con Elsa che chiama una carrozzella diretto non più allo stadio ma alla Casina Valadier 



Peppino inventa di essere stato invitato a casa da due signore e così Aurelio si mostra interessato all’«amica»; ciò fa sorridere l’amico, che si recherà da solo a casa delle signore, poiché egli porterà dei pesci e «Tu che porti? I capelli che t’avanzeno?». Aurelio scherzava, poiché anche lui l’indomani sarà occupato con una donna «meravigliosa». Insomma va avanti il gioco delle parti. 

Finalmente Peppino svela che, pur essendo nato a Campo de’ Fiori, si trova bene solo con le donne d’alta classe e non con Elide, con la quale intende che «qualche cosa c’è stato; me la trovavo sempre in mezzo ai piedima, fruttarola!». «Non è per noi!», risponde Aurelio. Un leggero sorriso amaro alberga sul volto dei due amici, sempre più presi dal gioco delle parti, ma sempre più smarriti in una realtà, che non appartiene affatto alle loro capacità. 

 


L’indomani, come convenuto, Peppino si reca in casa di Olga con della zuppa di pesce, festeggiato dalle due amiche, che lo invitano a recarsi in cucina col cappotto ancora indosso. Nonostante le insistenze di Elsa, Peppino non accetta denari, ma intende lui stesso, coll’aiuto della domestica, Rosa (Rina Franchetti), di preparare il pranzo. La famiglia non si dimostra collaborativa, ed allora si offre lui stesso, con entusiasmo, a cucinare, mentre Rosa è pregata da Olga di collaborare comunque 

 


Tolto il cappotto, Peppino invita le signore a lasciare la cucina. Appena solo, si mostra galante colla ritrosa servetta, alla quale chiede, con una punta d’esitazione, se la bella Elsa sia sposata. E’ subito rassicurata dalla donna: «Nun lo tiene ‘o marito».

Preparato il pranzo, Peppino si offre anche di servirlo alle giovani donne, raccolte a tavola nella bella sala da pranzo. Terminato di pranzare, perché  non concedersi un ballo con Olga? Elsa assiste in disparte, quando Rosa avverte che è in arrivo una telefonata. Così Elsa ora prende il posto dell’amica 


Il suo sguardo sembra sempre assente, o per lo meno lontano dalla realtà, come se visitasse un immaginario spazio dentro e fuori di sé. Repentinamente Peppino cerca di trovare lo sguardo della danzatrice, ma non riesce mai ad incrociarlo, ed allora si contenta di volteggiare negli ampi spazi del salone. Quindi tenta di avvicinarsi alla donna, chiudendo gli occhi; anche egli sembra proiettato in un mondo immaginario, sicuramente lontano dalla realtà del mercato di Campo de’ fiori. 

Elsa è stanca; lo confessa con tono basso e confidenziale; si stacca così dal danzatore e si avvia verso il grammofono, per interrompere la riproduzione. Peppino sembra risvegliato da un sogno; la segue con lo sguardo, mentre la donna si allontana con passo deciso e leggero. Poi la delusione è manifesta, quando Elsa gli chiede di lasciare l’appartamento, adducendo futili motivi. Il clima improvvisamente è ripiombato in quell’austera freddezza, che tanto caratterizza il dolce e triste sguardo di Elsa. Peppino chiede il permesso di tornare a trovarla, ma Elsa non risponde, invitando Rosa ad accompagnare il gentile ospite alla porta.

L’indomani Peppino è nel negozio di Aurelio, a raccontare le solite fantasie sull’incontro con Elsa. Inventa un inesistente sguardo che la donna gli avrebbe indirizzato, perché ballassero, mentre Aurelio lo apparecchia per raderlo. Racconta di una danza magica, di un’atmosfera densa di poesia: «guancia contro guancia, occhio nell’occhio» e così, «ad un certo punto lei s’è abbioccata e… che bacio!  … poi lei se n’è annata… e poi me ne so ito pure io». il tono della voce di Peppino improvvisamente s’immalinconisce, lo sguardo si spegne alla domanda di Aurelio: «Quando vi rivedrete?». L’innamorato non sa cosa rispondere, poiché effettivamente non ha ricevuto alcun invito da Elsa; Aurelio lo toglie dall’incomodo, consigliandolo di attendere qualche giorno prima di ripresentarsi. Lo sguardo ora di Peppino è curioso, forse anche un poco diffidente, perché Aurelio non giustifica simile consiglio.

La piazza è sgombra dal celebre mercato; Peppino, uscendo dal negozio del suo amico barbiere, incontra Elide, che stava passeggiando solitaria ed il tono del dialogo è subito piuttosto nervoso da parte della donna, che non vorrebbe riconoscere l’eleganza, il portamento di Peppino, avvolto in abiti assai nobili. Interessante davvero l’atteggiamento di Elide, popolana, confidenziale; contro Peppino che cerca e riesce a darsi un tono diverso, forse a mostrare un’altra parte sincera, anche se piccola, di sé. Aurelio si affaccia sulla strada e, pur rimanendo nei pressi del suo negozio, attende a ciò che si sta dicendo la coppia, che ha davanti a sé. Peppino invita allora Elide a deporre le armi ed a rinnovare il profondo senso di amicizia, che li legherebbe da tanto tempo, con più cordialità, iniziando anche a frequentarsi al di fuori del mercato. Il tono dell’uomo diventa mellifluo, confidenziale, tenero; chiedendo se Elide avesse voglia di andare al cinema, «magari con ber giovinotto?». Alla risposta affermativa di Elide, la quale attende la risposta con un sorriso speranzoso sulle labbra, Peppino si rivolge al suo aiutante: «A Merlì, portala ‘r cinema che ciò da fa!», scatenando la reazione furibonda di Elide, che lo schiaffeggia sonoramente.

Peppino si reca in casa di Elsa, dove si son dati appuntamento un gruppo d’uomini, intenti al gioco d’azzardo, Giorgio (Guido Morisi), dopo aver ricevuto delle assicurazioni da parte di Olga, apre la porta. Il nuovo arrivato ha sotto il braccio una scatola piuttosto grande ben incartata, che è sfilata elegantemente da Giorgio, per impossessarsene. Peppino si toglie il cappotto e si riprende la preziosa scatola, lasciando di stucco Giorgio, che ripara con un gran sorriso all’indirizzo dell’uomo.

Nella sala, in quella sala dove qualche giorno prima Peppino aveva danzato, sognando chissà quali sogni, colla sua Elsa, si sta tenendo il gioco del baccarat, cui partecipano molti invitati. Il nuovo arrivato è invitato a sedersi, per prender parte; anche se egli è alla ricerca di quella donna, per cui sta smarrendo la testa. Sono distribuite le carte; ad Aurelio è chiesto se desideri tre carte, ma l’uomo è completamente assente, non sa cosa rispondere, poi è il mazziere (Ernesto Bianchi), misurata l’indecisione, ne offre cinque, accomodandole davanti alle mani. Poi chiede, cortesemente, di mostrare i soldi: 5.000 lire.

In cucina, le donne stanno preparando il caffè. Elsa rimprovera la sua amica di aver voluto invitare Peppino, nel mentre si stesse svolgendo la partita a carte e forse teme che l’uomo possa perdere una buona somma. E’ subito rassicurata da Olga, la quale è sicura che di soldi ne abbia abbastanza. Elsa confessa tutta la sua stanchezza: per vivere è costretta ad affittare la stanza più bella della casa a dei biscazzieri, ma altre alternative non ce ne sono, poiché non vuole legarsi ad altro uomo, avendo nel cuore l’unico uomo, che ha amato e che l’ha abbandonata, padre di Carletto, suo figlio.

Peppino continua a vincere, attirandosi gli sguardi invidiosi degli altri giocatori, mentre Olga porta delle tazze di caffè ordinatamente disposte sopra un vassoio. L’arrivo di Elsa interrompe il gioco; Peppino la guarda con un sorriso innocente e pieno di affetto; la donna dallo sguardo triste gli offre la tazzina di caffè poi, avendo saputo della fortuna, che assisterebbe Peppino, lo invita ad accomodarsi al tavolo da gioco. Ma Peppino diventa insinuante: «Beh, io vorrei perde… sapete quel proverbio…». Elsa non replica, ma con una scusa, al fine di togliersi dall’imbarazzo, chiede il permesso di allontanarsi. Peppino la segue per un po’ collo sguardo, la tazzina del caffè tra la mano, che appoggia su un mobile e si avvia verso l’uscita. Raduna cappello e cappotto, quindi apre la porta, involontariamente, alla polizia, che irrompe in casa. Tutti i presenti sono condotti in camera di sicurezza. Giorgio, forse abituato a certe esperienze, assicura Peppino che l’indomani saranno tutti rilasciati ed informa che l’immobile, dove si svolgeva il gioco ormai da diverso tempo, è intestato ad Olga, che lo avrebbe affittato ad Elsa, «ma… con un buon avvocato…». Peppino rimane in disparte, stringendo tra le dita una sigaretta, in compagnia di tutti i suoi pensieri.

L’indomani, Elide ed Aurelio, mentre si scaldano davanti ad una piccola brace, discutono dell’assenza ingiustificata di Peppino. Il mercato intanto si agita dei soliti compratori. Aurelio insinua che l’amico aveva «un certo invito dalla solita signora», generando una risentita gelosia da parte di Elide. Merlino non porta buone nuove; egli si è recato a casa di Aurelio, sapendo dal portiere che non si sarebbe ritirato. Una compratrice vorrebbe del pesce, ed allora Elide s’impegna ad aprire il banco del pesce, onde rifornire del necessario la cliente, quando, improvviso, appare Peppino, che procede verso il suo banco con passo lento e pesante, quasi calcando sui passi, lo sguardo a terra. Gli amici dichiarano la lor preoccupazione, da cui si dissocia immediata Elide. Alle domande dei presenti, risponde evasivamente ripetendo che «Nun m’è successo gnente. Proprio gnente». Quindi decide che per oggi il banco rimarrà chiuso, ordinando a Merlino di riordinarlo e lasciandolo in libertà. accompagnato dal fido Aurelio, Peppino si reca a prendere un caffè. Nonostante sia sottoposto ad uno stringente interrogatorio, l’uomo non risponde, troppo preso ancora dalla delusione patita: addirittura la camera di sicurezza con l’accusa di gioco d’azzardo!

Peppino si reca al carcere femminile, per salutare Elsa, la quale immediatamente abbassa gli occhi alla vista del visitatore, fortemente vergognosa per l’accaduto. La suora (Lia Campomori) che l’accompagna si distanzia in modo che possa comunque ascoltare il contenuto del colloquio. L’uomo la informa che gli amici son tornati tutti in libertà e alcuno non ha sentito la necessità di trovare la giovane sfortunata. Elsa è una donna davvero sola, senza amici. Peppino l’assicura che tra pochi giorni uscirà; poi i due si siedono una accanto all’altro ed Elsa prende il coraggio per l’accaduto, di cui si sente pienamente responsabile, ma l’uomo rifiuta con cortesia le scuse, perché «in fondo, non è successo niente».  La donna confessa che è stata costretta ad organizzare in casa il gioco d’azzardo, per guadagnare dei soldi, con cui pensare al proprio figlio, abbandonato dal padre. il dialogo avviene con toni calmi, sereni, soprattutto rassegnati. Peppino chiede dove si trovi il bambino. Improvvisamente il viso di Elsa s’illumina nell’informare come si trovi «in Abruzzo, da una brava donna». Avrebbe dovuto recarsi… ma, come si può? Peppino s’offre di sostituirla; chiede l’indirizzo, che la donna appunta su un piccolo pezzo di carta, poi la suora, con voce fredda e scostante, ricorda che il colloquio è terminato. Il saluto tra i due è sentito, partecipato soprattutto da parte della donna, assai riconoscente per il gesto dell’amico. Abbandona le sue mani, dopo averle più volte strette e torna nella sua cella.

Dal covone, spunta il viso rubicondo e spensierato di un bimbetto (Cristiano Cristiani), rincorso dai richiami insistenti di una signora (Gorella Gori), che s’affanna tra capre ed oche.

 

 

Il bimbo finalmente spunta fuori, liberandosi delle spighe di grano, facendosi prendersi in braccio dalla signora ormai rassicurata. Lo presenta formalmente a Peppino e gli consegna una valigetta, che contiene il vestiario di Carletto, che reclama «la sua passione», la trombetta. l’uomo si dimostra assai sorpreso, quando la contadina gli augura buon viaggio in compagnia del piccolo discolo; ripresosi dalla sorpresa, Peppino mostra di essersi dimenticato che nella lettura ricevuta (da chi?) era stato invitato a ritirare il bambino 

 


Carletto si trova ora in casa di Peppino con la fedele trombetta tra le mani, che non esita a suonare, disturbando il sonno del nostro pescivendolo, che è costretto – suo malgrado – ad alzarsi. Riesce a sfilare dalle mani del bimbo l’oggetto tanto fastidioso, provocando le giustificate proteste di Carletto. Peppino cerca di comprarsi l’attenzione del bimbo con un cioccolatino; poi prova ad aprire un cassetto, ma di cioccolatini neanche l’ombra. Finalmente, dentro un calzino trova il prezioso dolce, quindi si fa soggiogare da Carletto, che lo invita a divertirsi. I due si rincorrono per la stanza, fin quando l’uomo quasi stramazza sul letto, tra le risa divertite del bimbo, che si sente il vincitore.

Qualcuno suona alla porta, è Aurelio, il quale s’accorge della trombetta, e chiede all’amico che usa ne faccia: «Studio musica… le note». Al fine di liberarsi dell’amico, Peppino lascia intendere di non essere solo, ma improvvisamente le grida di Carletto rovinano tutto. Un gran tonfo proveniente dalla sala da letto, costringe Peppino a licenziare velocemente Aurelio, precipitandosi nella stanza, per assicurarsi che un vaso è stato rotto dl bambino. Improvvisamente si apre la parta della sala, e compare Aurelio, il quale chiede spiegazioni. Aurelio gli racconta d’averlo trovato sulla Circolare! Poi inventa una serie d’incredibile fandonie, per rendere la storia ancor più incredibile, tra lo sguardo meravigliato del barbiere. I due uomini decidono di lavare il bambino, mostrando tutta la loro impreparazione. Il bimbo è adagiato nella tinozza, precedentemente riempita d’acqua, e così lavato. Quindi, dopo averlo asciugato, è cosparso di farina («Il borotalco? … E chi ce l’ha?»).

Mentre Aurelio si avvia verso la sua bottega, Peppino affida alla portiera (Olga Capri) il bimbo.

Al mercato, Merlino ha già avviato il banco; Aurelio incontra una domestica dal chiaro accento veneto (Luana Lori), verso la quale mostra la sua squisita cortesia. I due giocano con una mela; prima è la ragazza a morderla, poi Peppino. L’azione provoca la gelosia di Elide, la quale, accompagnandosi con un cesto pieno di frutta, spinge lontano la ragazza dalla fontanella, dividendola così da Peppino e frapponendosi tra i due. Mentre la ragazza s’allontana, l’uomo rimprovera Elide di aver mostrato estrema gelosia:(«Gelosia io? E’ quella cicia fresca che me dà i nervi)» 

 


Presto sale la pressione tra i due, fin quando i due vengono addirittura alle mani. Le grida della donna raccolgono un certo numero di persone; Peppino prende per i capelli Elide, per bagnarle la testa con l’acqua della fontanella, quando un uomo rimprovera il pescivendolo per la brutta azione

 


Egli si difende: è solo uno scherzo; e così testimonia Elide, che invita perentoriamente le persone ad andarsene.

Rimasti finalmente soli, Peppino le rimprovera la mancanza d’educazione, di forma, ma ella si difende che, non essendo «una di quelle», che piacciono tanto al pescivendolo. Elide, sommessamente, inizia a piangere. La portiera invade il campo, per riconsegnare Carletto ad un imbarazzatissimo Peppino. Nel silenzio, che improvvisamente s’è creato tra i presenti, l’uomo prende il bambino in braccio, riconoscendone la paternità, poi abbandona repentinamente la piazza.

Intanto, presso il mercato generale, le donnette si scambiano opinioni ed esprimono giudizi sulla novità: «er sor Peppino se deve sposà ‘na mijonaria». In fondo, ha sempre mostrato interesse per la nobiltà; «chissà ‘a sora Elide come ce se sgrana». E’ risaputo che tra i due c’è sempre stato qualcosa. La più anziana tra le amiche (Pina Piovani) informa che la donna non sia affatto ricca, ma «’na donnaccia de strada che je magna tutti li quatrini»; e che per causa sua sembra che Peppino abbia assaporato la triste esperienza della galera. Interviene un’altra donna, che corregge l’amica, ricordandole che l’uomo avrebbe avuto un figlio. Quando il vocicchiare aumenta di volume, interviene un fruttivendolo, che invita le donne a smetterla con il pettegolezzo.

Aurelio è al bar; non si capacita dell’azione di Peppino, mentre entra una sempre preoccupata Elide, che si avvicina al barbiere, il quale ne approfitta, per mostrarsi interessato alla bellezza della donna. «A Pecorì, e piantala, su!», con voce stanca e tono smorto, Elide convince Aurelio quanto non sia interessata al suo corteggiamento. 

 


Mentre il barbiere rientra alla sua bottega, poiché una cliente chiede la sua mano, Merlino è incaricato dalla donna di trovare ad ogni costo lo scomparso.

«Ce sei cascato, Pecorì?»; l’inconfondibile voce di Peppino, elegantissimo, che chiede all’amico barba e capelli 

  


Poi spiega che il bambino è figlio di Elsa, di cui si dichiara fortemente preso, e per cui h affittato un bellissimo appartamento con domestica in Via Roberto Mauro 72a. Con quanta gioia, soddisfazione l’uomo racconta il tanto sospirato ed agognato cambiamento, che è realmente avvenuto nella sua vita, grazie all’incontro con la dama dagli occhi tristi.

Mentre sta per guadagnare l’uscita, entra Elide, che si ferma proprio sulla soglia con sguardo smarrito e sorpreso. La donna, ripresasi, chiede ad Aurelio, quando potrà sottoporsi alla permanente. Peppino le si avvicina, offrendole la mano in segna d’antica e rinnovata amicizia, rifiutata dalla donna.

Dopo aver invitato la cliente ad accomodarsi, la ragguaglia sulle ultime novità, riguardanti Peppino, quindi la invita al cinema; Elide accetta: «appuntamento alle 5 davanti al cinema Savoy»  

 


Peppino si reca presso il carcere femminile, dove attende l’uscita di Elsa, la quale si dirige con passo deciso verso l’inaspettata sorpresa. L’uomo la prende sotto braccio e si avviano verso un taxi, lì in attesa.

La donna vorrebbe essere accompagnata a casa, ma Peppino le consiglia di evitare Olga, e di accettare la sua ospitalità; la donna non riesce per l’emozione a parlare.

Appena entrati nell’appartamento, ricevuti dalla cameriera, dalla stanza attigua qualcuno ha fatto cadere qualcosa. Elsa immagina che sia stato Carletto e la sua gioia esplode; finalmente dopo tanti giorni di triste austerità, può abbracciare il figlio. Peppino le consegna della posta, a lei indirizzata, che aveva nei giorni precedenti, ritirata presso l’appartamento di Olga, quindi, chiesto il permesso, si reca in cucina, per impartire degli ordini per il pranzo.

Elsa apre un telegramma, inviatogli dal padre di Carletto, Piero. Quando Peppino la invita a passare nella camera da pranzo, incontra lo sguardo di una donna assai turbata, che ha tra le mani quella posta, che poco prima le è stata consegnata. La donna lo informa che Piero, alloggiato presso l’Hotel Milano di Roma, vorrebbe vedere suo figlio: è un addio. La scena è contrassegnata dall’entusiasmo della donna, che finalmente sorride cogli occhi, e dall’infinita malinconia, che avvolge lo sguardo di Peppino. La donna chiede ed ottiene il permesso di telefonare all’uomo, investendole col rinnovato entusiasmo per la sorpresa così improvvisa e così gradita. Quindi licenzia l’uomo tra le lacrime di gioia, annunciandogli che lo raggiungerà immediatamente. Mentre Elsa raccoglie i suoi effetti e chiede alla cameriera di consegnarle le poche cose del figlio, Peppino assiste quasi assente alla fine del suo sogno.

La donna si congeda con un semplice «grazie di tutto», mentre Peppino stringe, forse per l’ultima volta Carletto, che lo chiama «papà». Chiudendo la porta di casa e con essa tutti i suoi sogni, l’uomo porta la mano agli occhi, per poi concedere la libertà alla cameriera, che lo guarda teneramente, forse per compatirlo.

Peppino ritorna nel salone, dove fino a qualche attimo fa, c’era la sua dama, vuoto, triste, come la pena che sente in fondo al cuore, e trova la «trombetta» del bambino. La raccoglie, guardandola severamente, poi si avvia verso il grammofono, perché risuoni quella canzone, che ballò colla sua bella dama. Si siede su un bracciolo di una poltrona, mentre la canzone gli ricorda tutti i suoi sogni, che sembra ripercorrere alla luce di uno sguardo rassegnato ed immalinconito dall’assenza. L’atmosfera è interrotta dallo scampanellio ripetuto; Peppino interrompe la musica: è Aurelio, che s’accorge della situazione. Il padrone di casa spiega che ha «mandato tutto all’aria», perché non avrebbe potuto privarsi della libertà in cambio delle regole della vita coniugale. Elsa si sarebbe mostrata sorpresa, ma Peppino avrebbe così insistito da vincere ogni resistenza della donna. E poi, quel bambino, insopportabile! Il tono della voce mostra rabbia, delusione, scontento, mentre reclama per sé e per l’amico la libertà. Peppino vorrebbe festeggiare, ma Aurelio è impegnato con una donna. Per qualche attimo, si dimostra dispiaciuto, poi, per non lasciare solo l’amico, rinuncerà all’appuntamento galante, rimanendo in compagnia.

Delle persone a piccoli gruppi entrano in un cinema, dove si sta proiettando il film «Amore infranto». Elide è in attesa, quando alle spalle si sente chiamare: «Madame?»: è Peppino, il quale racconta d’aver saputo da Aurelio, che aveva appuntamento con una straniera davanti al cinema alle 5. L’uomo decanta le bellezze della donna: mai vista così attraente. La coppia entra al cinema.

Il film sta per cominciare

 

Con: Aldo Fabrizi (Peppino Corradini, pescivendolo), Anna Magnani (Elide, la fruttivendola), Peppino De Filippo (Aurelio, il barbiere), Caterina Boratto (Elsa Bianchini), Cristiano Cristiani (il piccolo Carletto), Olga Solbelli (Olga, l'amica di Elsa), Guido Morisi (Giorgio), Pina Piovani (una popolana che spettegola ai mercati generali), Giulio Calì (il cliente del mercato che chiede le alicette), Luana Lori (la domestica veneta al mercato), Olga Capri (sora Peppa, la portiera), Lia Campomori (la suora del carcere)

REGIA: Mario Bonnard

SOGGETTO: Marino Girolami

SCENEGGIATURA: Mario Bonnard, Aldo Fabrizi, Federico Fellini, Tullio Pinelli

FOTOGRAFIA: Giuseppe La Torre

MONTAGGIO: Gino Talamo

MUSICA: Giulio Bonnard

SCENOGRAFIA. Giovanni Sarazani

PRODOTTO: Giuseppe Amato

1943

 

Articoli di cinema

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