sabato 16 ottobre 2021

Girolamo Savonarola: contro Lorenzo il Magnifico


Le prediche del Savonarola suscitarono così vivo e crescente interesse che la Chiesa di S. Marco non poteva più contenere i covenuti, cosicché il frate fu costretto a trasferirsi nella Quaresima del 1491 presso Santa Maria del Fiore. Le ue minacce, l'imminenza dei flagelli, che si sarebbero scatenati sull'umanità impenitente, conquistavano i fedeli, ma iniziavano a disturbare i Medici, tantoché inviarono dei messi, perché il frate smorzasse il furore delle sue previsioni. Savonarola ribadì la sua indipendenza, vaticinando un triste futuro per la famiglia patrizia. Egli avrebbe deiderato restringere i suoi interventi sulla morale e religione, ma spiegò le difficoltà nel Compendio  di rivelazioni (Dialogus de veritate prophetica)

«Ogni cosa che mi allontanava dal primo studio mi veniva subito a noia, e quante volte meditai di seguire un’altra via, venni subito in odio a me stesso. E mi rammento come predicando nel Duomo l’anno 1491, ed avendo già composto il mio sermone sopra queste visioni, deliberai di sopprimerle, e nell’avvenire astenermene affatto. Iddio mi è testimonio, che tutto il giorno di sabato e l’intera notte sino alla nuova luce, io vegliai; ed ogni altra via, ogni dottrina fuori di quella, mi fu tolta. In sull’alba, essendo per la lunga vigilia stanco ed abbattuto, udii, mentre io pregavo, una voce che mi disse:- Stolto, non vedi che Iddio vuole che tu seguiti la medesima via? – Perché io feci quel giorno una predica tremenda».

Nel mese di luglio, l’elezione a priore di San Marco, lo pose in posizione ancora più evidente e quindi accrebbe la sua indipendenza e potenza, tanto da abolire l’usanza di omaggiare, nella nuova veste, il Magnifico, poiché riconosceva al solo Dio l’obbedienza.

Lorenzo De Medici (1449 - 1492)
 Lorenzo se ne dolse, e preferì agire con diplomazia, recandosi più volte alle prediche in San Marco, nonostante il padre lo ignorasse, perché ritenuto responsabile della disarmonia dei costumi fiorentini. Allora De Medici provò a corrompere il frate, inviando al convento ricche elemosine, mentre dal pergamo il padre tuonava contro simili, inutili atti, che preferiva fossero rivolti ai poveri.

Mariano da Genazzano (? - 1498)

Lorenzo istigò allora il Genazzano a riprendere le prediche, ponendolo in competizione col Savonarola, ed il giorno dell’Ascensione, egli accolse in San Gallo un gran numero di fedeli, verso cui diresse parole di condanna contro Savonarola, che furono giudicate insensate dai presenti per l’eccessivo ardore ed acrimonia. La mossa, escogitata dal Magnifico, si rivelò un magnifico dono per il domenicano, il quale sarebbe rimasto l’unico predicatore in Firenze. Il Genazzano si ritirò, celebrando una messa solenne con fra’ Girolamo in San Gallo, meditando, in cuor suo, vendetta, che applicò in occasione della rovina del Savonarola.

Visti e stimati gl’insuccessi patiti, il Magnifico, essendo anche gravemente malato, abbandonò ogni impresa contro il frate ferrarese.

Il carattere delle prediche di Savonarola non seguiva un iter preciso. Egli cominciava sempre con un passo della Bibbia, cui avrebbe unito le sue idee teologiche, politiche e morali, suffragate da qualche nuova citazione biblica. Quindi il predicatore iniziava a condurre «a braccio», trasformandosi in un potente, grande, terribile oratore. Quindi tornava nuovamente alla base biblica, per poi alternare gl’impeti drammatici.

Nei diciannove sermoni svolti attorno al Vangelo di Giovanni, che sarebbero stati pronunciati nell’avvento del 1491, l’Autore espose lungamente i misteri della messa, quindi seguiva l’interpretazione:

«La nostra parola procede separata e diversa per una successione di sillabe; e però, quando una parte di essa vive, le altre ricadono nel nulla; quando tutta la parola è pronunziata, essa più non esiste. Ma il verbo o la parola divina non ha parti; procede unita in tutta la sua essenza, si diffonde pel creato, vive e sta in eterno, come la celeste luce di cui è compagna. Onde è parola della vita; anzi è la vita, ed è una cosa col Padre. La vita veramente non è che una, ed è Dio, perché in Lui solo tutte le cose trovano il loro essere. E questa è quella vita beata che è il fine dell’uomo, e nella quale si trova la felicità infinita ed eterna. I piaceri della vita celeste si godono tutti nella visione di Dio, che è la suprema felicità1»

Era poi il fustigatore dei costumi pubblici ad innalzarsi sulle coscienze dei fedeli:

«Se vedete alcuni attendere ai giochi in questi giorni, non credete che siano cristiani; sono peggiori che gl’infedeli, sono ministri del diavolo e celebrano le sue feste. Sono uomini avari, bestemmiatori, maldicenti, detrattori dell’altrui fama, sussurroni, odiosi a Dio, ladri, omicidi e pieni d’ogni iniquità. Io non vi permetto in alcun modo di giocare in queste feste: dovete stare in continua orazione, rendendo continuamente grazie a Dio in nome del Signore Gesù Cristo. Sarà maledetto colui che giocherà e maledetto colui che lascerà giocare; maledetto il padre che giocherà in presenza del figliolo; maledetto la madre che giocherà in presenza della figliola. Sarai, dunque, maledetto chiunque tu sii, che giocherai o acconsentirai che si giochi; sarai, dico, maledetto nella città, maledetto nel campo della terra; sarà maledetto il frumento tuo, le reliquie tue, maledetto il frutto del ventre tuo e della terra tua, gli armenti dei tuoi buoi e le greggi delle pecore tue; sarai maledetto andando e ritornando2».

A volte, tentava il tono bonario e paterno, con cui blandire i suoi fedeli:

«Oh s‘io vi potessi persuadere che lasciate le cose terrene seguitaste le eterne! Certamente, se Dio facesse questa grazia a me ed a voi, mi reputerei felice in questa vita. Ma questo dono è di Dio: Nessuno può venire a me – dice il Signore – se il Padre non lo trarrà. Io non posso illuminare di dentro, posso solo percuotere le vostre orecchie; ma che giova se dentro non è illuminato l’intelletto, non è acceso l’affetto?3».

Nel sermone dedicato al Vangelo dell’Epifania costruì un grande capolavoro, che rapì davvero il popolo fiorentino. Col tono della sua voce, riuscì a toccare il cuore della moltitudine, perché pensava e viveva realmente ciò che diceva, al contrario dei suoi omologhi, piuttosto interessati ad esercizi d’erudizione o  - peggio – impantanati nei tratti dell’ignoranza.

 

 (1) GIROLAMO SAVONAROLA. Sermoni sull’Epistola di Giovanni, Prato 1846.

(2) Sermone X.  

 

 

ARTICOLI SU GIROLAMO SAVONAROLA

L’ingresso in convento e il trasferimento a Firenze

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/girolamo-savonarola-lingresso-in.html

Il predicatore

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/girolamo-savonarola-la-filosofia.html

La filosofia

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/girolamo-savonarola-la-filosofia.html

 

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