venerdì 22 ottobre 2021

Giacomo Leopardi: alla disperata ricerca di un’occupazione

 


La città di Roma non suscitò estremo interesse in Giacomo, il quale informò il fratello, Carlo, a proposito dell’antipatia suscitati dai romani; al babbo, Monaldo, la nullità culturale dell’ambiente.

Carlo Leopardi (1799 - 1878)
 Non apprezzò punto gli spettacoli, che si tenevano, a parte il ballo, che gradì assai. Trascorreva gran parte del giorno soprattutto alla Biblioteca Barberiniana. Egli viveva il desiderio di trovare un collocamento lavorativo, subito represso per l’indifferenza suscitata nell’ambiente culturale romano.
Georg Niebuhr (1776 - 1831)

Ricevette – al contrario – continui apprezzamenti dagli stranieri per le ricerche filologiche, legandosi soprattutto a Georg Niebuhr, ministro di Prussia alla corte pontificia ed insigne antichista tedesco, il quale brigò, senza successo, perché Giacomo potesse allocarsi stabilmente nella capitale. Il Poeta pensò anche di espatriare, al fine di non ritrovarsi nella triste ed angusta dimensione di Recanati, dove dovette ritornare il 3 maggio del ’23, avendo fallito ogni felice aspettativa. Confessò in una lettera al Giordani la propria incapacità nel trovare un’occupazione, che avrebbe aggravato il già più che precario stato di salute, e l’infinita tristezza in cui trascinava i suoi giorni.

Nella primavera del 1825, il libraio Stella lo invitò a Milano e così il Poeta dovette ricorrere allo zio, Ettore, poiché i genitori non avrebbero finanziato la sua permanenza nella città lombarda. Partì quindi e si fermò a Bologna, dove giunse il 18 luglio, incontrando Giordani e Brighenti, il quale commentò nel suo Carteggio:

«Quando lo vidi scender dal legno con certo berrettino di maglia, una palandra del tempo di Pio VI, un po’ gobbo, magro e cogli occhi abbarbagliati e cisposi, mi parve che dovesse essere quel mare di scienza che il Giordani dice».

Nonostante soffrisse il gran caldo, trovò sollievo anche per i malanni fisici ed apprezzò la cucina bolognese, tanto da rimandare il viaggio per Milano, sollecitato dallo Stella, cosicché il 30 di luglio arrivò nella città lombarda.

Karl Bunsen (1791 - 1860)
Continuavano senza sosta le sollecitazioni e le trattative per un’occupazione da parte di Karl Bunsen, succeduto nell’incarico al Niebuhr, presso il cardinale Giulio Cavazzi Della Somaglia, segretario di Stato vaticano, il quale pretendeva dal Letterato un’opera, che si conformasse ai principi cattolici. Il Poeta vi avrebbe aderito, dopo aver ricevuto l’incarico. Pretese l’ufficio vacante di segretario nell’Accademia di Belle Arti di Bologna; quindi si parlò della cattedra di Eloquenza latina e greca in Roma, poi una cattedra ad Urbino. Le tante offerte smarrirono il De Bunsen, che immaginò di offrirgli un collocamento in Germania, persuaso che fossero interdette le vie vaticane.

Alla fine del 1825, morì lo zio Ettore, che lasciò due benefici agli eredi; Giacomo, per non sopportare gli oneri relativi, rifiutò, nonostante le continue insistenze di Monaldo. In ottobre, si trovava ancora a Bologna, dove, finalmente, poteva vivere libero da ogni vincolo familiare grazie ai proventi dei lavori, svolti per lo Stella, e le lezioni dedicate al conte Antonio Papadopoli. Così Monaldo commentò in una lettera, indirizzata al celebre figlio:

Monaldo Leopardi (1776 - 1847)
«Sono ormai quindici mesi che state fuori di casa, e avete viaggiato, e vi siete mantenuto senza il concorso mio. Dovete conoscere il mio cuore, e potete dedurne quanto dolore mi abbia arrecato il non provvedere alli vostri bisogni, o anche alli vostri piaceri; e se pure voi non avevate bisogno del mio concorso, io aveva bisogno e desiderio ardentissimo di dimostrarvi frequentemente il mio tenerissimo affetto. I tempi però veramente funesti, ma più di tutti mamma vostra che, come sapete, mi tiene non solamente in dieta, ma in un perfetto digiuno, mi hanno costretto ad un contegno, riprovato prima di tutto dal mio cuore, e poi dalla equità e quasi dalla convenienza. Nulladimeno son vivo e, quantunque alla lontana come di cosa orami prescritta, pure ho memoria che sono il padrone di casa mia. Voi state sul tornare. Se nulla vi occorre, tanto meglio; ma se vi bisogna denaro per il viaggio, o per pagare qualche debituccio, o comunque, ditelo all’orecchio di vostro padre e amico vostro. Se niente volete, scrivetemi come se io non avessi scritto di ciò, perché le vostre lettere si leggono in famiglia; se poi volete, ditemi liberamente quanto, e dirigete la lettera al signor Giorgio Felini, Recanati». Parole incommentabili.

Solo l’improvviso freddo dell’inverno, costrinse Giacomo a tornare a casa: era già novembre. Forse di quell’esperienza portò con sé l’affetto per Marianna Brighenti, nota cantante lirica e figlia dell’avvocato Pietro; e per la contessa Teresa Carniani Malvezzi, che il Poeta chiamò «amicizia tenera e sensibile». Furono forse sinceri affetti nutriti, che non si manifestarono in creazioni poetiche, consolidate solo nell’Epistola al conte Carlo Pepoli, recitata presso l’Accademia dei Felsinei.

Sviluppò il commento a Petrarca, quindi il volgarizzamento del Manuale d’Epitteto e delle Operette morali d’Isocrate. Pubblicò il Martirio dei Santi Padri del Monte Sinai ed i Saggi d’Operette morali nell’Antologia di Firenze e nel Raccoglitore di Milano. Editò la Batracomiomachia e stese il disegno della Crestomazia, che compì in Recanati.

Trascorse l’inverno del 1826 e l’intero ’27, in lavori filologici per l’editore Stella, da cui percepiva sicuri contributi economici mensili. Preparò l’edizione milanese delle Operette morali ed inviò al Nuovo Raccoglitore il Discorso sopra l’orazione di Gemistio Pletone.

Pur continuando ad odiare Recanati, fu sollevato dalle preoccupazioni per la salute, tantoché nel mese di aprile si trasferì nuovamente a Bologna, in giugno a Firenze, dove trovò il Giordani, e frequentò il bell’ambiente culturale, che gli mostrò affetto e stima.

Nei primi giorni di luglio, scrisse al suo allievo Antonio Papadopoli:

«Io sono qui da due settimane, trattato con molta gentilezza dai Fiorentini, ma tristo per la cattiva salute, e in particolare per la malattia degli occhi, la quale mi costringe a starmene in casa tutto il dì, senza né leggere, né scrivere. Non posso uscir fuori, se non la sera al buio, come i pipistrelli. Starò qui tutta l‘estate, l’invero a Pisa, se io non mi sentirò troppo male; nel qual caso tornerò a Recanati, volendo morire in casa mia».

Alessandro Manzoni (1785 - 1873)
Presso il Gabinetto Vissieux, conobbe Alessandro Manzoni, che imparò presto a stimare.

A causa delle temperature sempre più rigide, che avrebbero minato la sua salute, decise, sotto consiglio degli amici più intimi, di trasferirsi in novembre a Pisa.

La salute cagionevole destò più di qualche apprensione in Monaldo, che scrisse:

«Potete immaginare quanto mi addolori il non sentirvi tanto bene quanto io vorrei, e molto più perché considero che l’incomodo degli occhi debba riuscirvi molesto assai, impedendovi le vostre consuete applicazioni. Voglio sperare, come voi fate, che il freddo sia per recarvi giovamento, ma pure bisogna di mal occhio l’approssimarsi di questo rimedio, perché conduce con sé altri malanni, dai quali però faremo quanto si potrà per tenervi lontano nell’imminente inverno. A questo proposito, ditemi un poco qualche cosa intorno al vostro trattenervi costì e al ritornare in patria, dovendo credere che di questo ritorno vostro siamo tutti oltremodo smaniosi. Io, figlio mio, sono contento che vi contentiate e vi facciate onore e nome; ma ritenete pure che ciò si fa a grandi spese del mio cuore, il quale soffre indicibilmente per la vostra lontananza, e non poco ancora per il vostro scrivere così raro, che tiene in pena tutti noi. Vi ricordo poi quello che altre volte vi ho scritto, cioè che per quanto gli anni siano cattivi, saprò sempre trovare il modo per accorrere ai vostri bisogni, sicché, se vi trovaste in urgenza, scrivetelo liberissimamente al padre vostro, che vi ama più di quanto credete».

Nella città toscana, ammirò il clime più mite e soprattutto la bellezza della nuova dimora; entrò subito in sintonia colla gente del luogo, ma al sopraggiungere della primavera, tornarono i suoi antichi dolori di stomaco.

Il 1828 fu caratterizzato dal rifiorire del talento poetico colla compoizione della lirica A Silvia, dedicata all’antico amore per Teresa Fattorini, ed Il Risorgimento.

Gli giunse la notizia della morte del fratello Luigi, che lo devastò, riavvicinandosi un poco all’affetto presso i genitori.

Nel mese di giugno, si condusse a Firenze, invitato dal De Bunsen a Bonn, ma la salute cagionevole ne sconsigliò il trasferimento. Temeva i viaggi, tanto da commentare ad Adelaide Maestri, conosciuta, nel 1826, grazie al Giordani:

«Il viaggiare mi sarà eternamente non solo dannoso, ma pericoloso. Questo ultimo viaggetto da Pisa a Firenze, dopo il quale, benché fatto di notte, sono stato male degli intestini più giorni, ha potuto finire di persuadermi che io non son più fatto per muovermi. Mi viene una gran voglia di terminare una volta tanti malanni e di rendermi immobile un poco più perfettamente».

Nel mese di settembre, tornò a Recanati in compagnia di Vincenzo Gioberti, poi ospitato per qualche giorno da Monaldo. Il pessimismo, la malinconia s’impadronirono sempre più dell’animo di Giacomo, che scriveva al Brighenti:

«Sono arrivato qui da pochi giorni, e qui starò non so quanto, forse sempre».

I coniugi Maestri lo invitarono a Parma; il 30 gennaio 1829, Giacomo rispose:

«L’offerta che mi fate di venire a vivere insieme con voi, mi è tanto dolce e lusinghiera, che senza pensar altro, fin da ora, colla maggior gratitudine del mondo, io l’accetto: intendendo però che questa mia accettazione non obblighi voi, se non quanto la cosa si troverà conciliabile colle circostanze e col comodo vostro al tempo in cui essa si potrà effettuare. Giacché, in quanto al tempo, io non potrei determinarlo per ora. Usando della confidenza che voi mi concedete, vi dirò, ch’io non posso più dare alla mia famiglia questo carico di mantenermi fuori di casa. Da altra parte non posso né anche vivere in questo infame paese, sepoltura di vivi. Però accetteri volentieri un impiego. Sperar di trovarne qui nello Stato, è inutile, perché, non ostante ripetute e solennissime promesse fatte dai due passati segretari di Stato, anche a ministri stranieri che avevano insistito eccifacissimamente in mio favore, non si è ottenuto nulla. Accetterei dunque un impiego fuori di Stato; e se a Parma se ne potesse ottenere, verrei molto volentieri a stare a Parma».

Anche la cattedra di Storia naturale presso l’università parmense sfumò in breve tempo. Lo stato fisico intanto peggiorava ancor più, tanto da confessare al Maestri:

«[…] uno sfiancamento, una risoluzione di nervi, con quest’aria, coll’eccesso dell’ipocondria, colla mancanza di ogni varietà e d’ogni esercizio, è cresciuto in maniera, che non solo non posso far nulla, digerir nulla, ma non ho più requie né giorno né notte».

Le sue enormi sofferenze fecero rifiorire potente l’estro poetico, che comunicò nelle Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio e il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia (1829), espressione forse della vena più alta dell’intera opus leopardiana.

 

 

Articoli su Giacomo Leopardi

LA VITA

L’infanzia

https://ale0310.blogspot.com/2021/07/linfanzia-di-giacomo-leopardi.html

Il traduttore

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/leopardi-il-traduttore.html

La cattività in Recanati

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/la-cattivita-in-recanati.html

La fuga da Recanati

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/giacomo-leopardi-la-fuga-da-recanati.html

L’arrivo a Roma

 https://ale0310.blogspot.com/2021/10/giacomo-leopardi-larrivo-roma.html

 

«A Silvia»

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/12/18/a-silviadi-giacomo-leopardi/

Breve commento a «Il passero solitario»

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/01/27/breve-commento-a-il-passero-solitario-di-giacomo-leopardi/

Breve commento a «La sera del dì di festa»

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/02/08/breve-commento-a-la-sera-del-di-di-festa-di-giacomo-leopardi/

Breve commento a «La vita solitaria»

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/breve-commento-la-vita-solitaria-di.html

Breve commento dell’idillio «Alla luna»

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/04/14/breve-commento-dellidillio-alla-luna-di-giacomo-leopardi/

«Il primo amore»

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/01/13/il-primo-amore-di-giacomo-leopardi/

Geltrude Cassi Lazzari, il primo grande, sfortunato amore di Giacomo Leopardi

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/12/07/geltrude-cassi-lazzari-il-primo-grande-sfortunato-amore-di-giacomo-leopardi/

Giacomo Leopardi a Roma

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/12/27/giacomo-leopardi-a-roma/

Giacomo Leopardi e Pietro Giordani: un’amicizia letteraria

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/01/04/giacomo-leopardi-e-pietro-giordani-unamicizia-letteraria/

La donna nella vita e nelle opere di Giacomo Leopardi

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/12/03/la-donna-nella-vita-e-nelle-opere-di-giacomo-leopardi/

La donna nella vita e nelle opere di Giacomo Leopardi: Paolina Leopardi

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/03/04/la-donna-nella-vita-e-nelle-opere-di-giacomo-leopardi-paolina-leopardi/

La donna nella vita di Giacomo Leopardi: Paolina Ranieri

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/03/18/la-donna-nella-vita-di-giacomo-leopardi-paolina-ranieri/

Le donne nella vita di Giacomo Leopardi: Adelaide Antici

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/01/21/le-donne-nella-vita-di-giacomo-leopardi-adelaide-antici/

Le donne nella vita e nelle opere di Giacomo Leopardi: Marianna Brighenti

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/02/18/le-donne-nella-vita-e-nelle-opere-di-giacomo-leopardi-marianna-brighenti/

Le donne nella vita e nelle opere di Giacomo Leopardi: Teresa Carniani Malvezzi

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/04/29/le-donne-nella-vita-e-nelle-opere-di-giacomo-leopardi-teresa-carniani-malvezzi/

Pietro Giordani su Giacomo Leopardi in una lettera al Cavaliere Felice Carrone, Marchese di S. Tommaso

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2021/05/06/pietro-giordani-su-giacomo-leopardi-in-una-lettera-al-cavaliere-felice-carrone-marchese-di-s-tommaso/

Teresa Fattorini: «Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno».

https://alessandrodiadamo.wordpress.com/2020/12/10/teresa-fattorini-lingua-mortal-non-dice-quel-chio-sentiva-in-seno/

 

Lettera di Giacomo Leopardi a Pietro Giordani del 30 aprile 1817

https://ale0310.blogspot.com/2021/10/lettera-di-giacomo-leopardi-pietro_17.html

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