giovedì 14 ottobre 2021

Carlo Goldoni: il debutto

 

Nel 1787, uscì l’edizione italiana delle Mémoires di Carlo Goldoni, da cui sono tratte queste nostre note biografiche.

Goldoni alloggiava col babbo a Gorizia, in casa del conte Lantieri, illustre militare e paziente del medico. Il padrone di casa organizzava anche un teatro di marionette nel tempo libero di Carlo, il quale ne approfittò, per mettere in scena la commedia «Lo starnuto d’Ercole» di Pier Iacopo Martelli, inventore dei versi martelliani (coppia di versi settenari).

La coppia si spostò a Palma, dove il babbo visitò il provveditore generale, quindi il ritorno a Chioggia, dove trovarono la mamma di Carlo.

Il babbo ricevette una lettera da un cugino, tale Zavarisi, residente a Modena, il quale consigliò d’iscrivere Carlo al corso di Legge presso l’Università di Modena. Appena arrivato nel capoluogo, fu presentato al Rettore e successivamente accompagnato in uno studio d’avvocatura, dove avrebbe svolto l’apprendistato.

«Eravi in questo studio un nipote del celebre Muratori, il quale mi procurò la conoscenza di suo zio, uomo fondato in ogni genere di letteratura, che faceva tant’onore alla sua nazione e al suo secolo, e che sarebbe stato cardinale, se avesse sostenuto meno nei suoi scritti gl’interessi della casa d’Este».

I due giovani, diventati amici, visitarono la città, dedicandosi al palazzo ducale ed alle innumerevoli collezioni artistiche.

Maturò, a quel tempo, il desiderio di entrare «nell’ordine dei cappuccini. Scrissi a mio padre una lettera molto studiata, che non aveva però senso comune, e lo pregai d’accordarmi il permesso di rinunciare al mondo e d’imbacuccarmi in un saio. Mio padre, che non era balordo, si guardò dal contrariarmi, mi lusingò anzi molto e parve contento dell’ispirazione che gli accennavo; mi pregò soltanto di andare da lui, ricevuta appena la sua lettera, promettendomi che tanto lui come mia madre nulla più gradivano che di soddisfarmi».

Informati e convinti i famigli, i Goldoni si trasferirono a Venezia, perché Carlo salutasse i parenti prima dell’addio al mondo. Dopo aver cenato in casa di certi zii, fu invitato ad assistere ad uno spettacolo teatrale, sicché,nell’arco di «quindici giorni», abbandonò il progetto.

Tornato a Chioggia, il babbo si preoccupava sul futuro di Carlo, tanto da chiedere al governatore della città, Francesco Bonfadini, il posto di coadiutore dell’ufficio del governatorato. Pur non essendo retribuito, Goldoni, oltreché occuparsi degli affari più spinosi, ebbe modo di conoscere l’alta società. Iniziò la frequentazione colle religiose di San Francesco, dove notò un’educanda, «bellissima, ricchissima e amabile, ma vi era dell’oscuro sopra la sua nascita».  Tutto il convento conosceva la simpatia, ch’era nata tra il giovane Carlo ed N., che la sera era condotta dalle amiche presso le finestre dello stabile, perché comunicasse attraverso il sistema dell’alfabeto muto con il Commediografo, le cui finestre di casa erano dirimpetto. Seppe così che N. era stata destinata al suo vecchio e malato tutore. Carlo si portò dalla responsabile delle educande, la quale si giustificò, accollandosi la colpa di quello strano connubio, poiché Goldoni non era nello stato di prender moglie. Il futuro marito era ormai decrepito, ben presto sarebbe passato a miglior vita, cosicché Carlo avrebbe potuto impalmarla, ereditando anche la dote della vedova.

«Non vidi più né la direttrice né l’educanda, e grazie a Dio non tardai molto a scordare tutte e due».

Concluso l’incarico di coadiutore del Governatore della città, Goldoni partì per Venezia, dove avrebbe conosciuto il governatore Paolo Spinelli, quindi il cancelliere, Zabottini, con cui avrebbe lavorato a Feltre, nuova destinazione, raggiunta due giorni appresso.

Ricevuti dal predecessore gli archivi, si diresse a teatro, dove agiva una Compagnia di comici, diretta da Carlo Veronese, «quello stesso che trent’anni dopo venne a Parigi a recitar le parti di Pantalone nella commedia italiana, conducendo seco le due figlie, la bella Carolina e la graziosa Camilla». Fu l’occasione, per rivedere l’indimenticato Florindo dei Maccheroni, «conosciuto a Rimini, che per esser vecchio non recitava se non da re nella tragedia, da padre nobile nella commedia».

Quattro giorni, arrivò il nuovo Governatore, e Goldoni fu costretto ad abbandonare le ore ludiche, per concentrarsi nel nuovo incarico. Si occupò di un processo, che avrebbe suscitato molto scalpore: il taglio illegale di alcuni legnami nelle foreste della Repubblica, in cui erano state coinvolte duecento persone. I rei non furono condannati che a pene di lieve entità e si ebbe da loro la garanzia che non avrebbero più agito in territorio pubblico.

Un giorno, alcuni amici proposero a Goldoni di occuparsi di una rappresentazione nel teatro del Palazzo del Governatore. Ottenuti i necessari permessi, si mise all’opera con un soggetto tragico.

«Siccome in questo tempo si rappresentavano ovunque le opere del Metastasio senza musica, misi le ariette in recitativi, procurai di avvicinarmi meglio che potei allo stile di quel dilettevole autore, e scelsi per le nostre rappresentazioni la «Didone» e il «Siroe». Feci la distribuzione delle parti, adattandole al personale dei miei attori, dei quali avevo piena cognizione; riservai per me le ultime, e feci benissimo, essendo nel tragico compiutamente cattivo.

Per buona sorte avevo composto due piccole rappresentazioni, vi recitai due parti di carattere e così riparai alla mia reputazione. La prima era il «Buon Padre», la seconda la «Cantatrice». L’una e l’altra si trovarono buone, e la mia maniera di recitare assai passabile per un dilettante». 

 

 

La vita di Carlo Goldoni

Gli inizi

https://ale0310.blogspot.com/2021/06/carlo-goldoni-gli-inizi.html

L’incontro con la compagnia di Florino de Maccheroni

https://ale0310.blogspot.com/2021/07/carlo-goldoni-lincontro-con-la.html

Praticante provetto

https://ale0310.blogspot.com/2021/08/carlo-goldoni-praticante-provetto.html

Scandalo in collegio

https://ale0310.blogspot.com/2021/09/carlo-goldoni-scandalo-in-collegio.html

 

 

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